Giorno dopo giorno, quel raggelante spettro si fa sempre più vicino: si parla della cosiddetta “Brexit senza accordo”, la stessa che rischia di mettere in ginocchio l’industria automobilistica inglese. E che potrebbe costringere a una repentina ritirata continentale molti costruttori che, attualmente, possiedono importanti linee produttive oltremanica. Perciò, il governo inglese sta cercando di definire gli strumenti adatti per sostenere i fabbricanti d’auto nel peggiore degli scenari all’orizzonte, ovvero il “no-deal”.

Fra gli interlocutori ci sono colossi del calibro di PSA, Toyota, Ford, Nissan e Jaguar-Land Rover, che già avevano tuonato sugli effetti catastrofici che avrebbe un’uscita del Regno Unito dalla EU senza accordo: le prime conseguenze devastanti sarebbero sulla catena di approvvigionamento della componentistica, che obbligherebbero i costruttori a rinunziare alla produzione “just-in-time” – cioè alla costruzione dei veicoli in contemporanea con l’arrivo in fabbrica dei componenti, strategia industriale che, da sola, fa risparmiare centinaia di milioni che altrimenti andrebbero spesi nello stoccaggio e relativa gestione della merce – e a dover fronteggiare spese doganali che aumenterebbero i costi, rendendo le esportazioni dal suolo inglese meno competitive sul mercato estero.

L’associazione dell’industria automobilistica britannica, SMMT, ha affermato che una Brexit senza accordo “avrebbe un impatto immediato sul settore, mettendo a rischio posti di lavoro e causando danni gravi e potenzialmente irreversibili”. Per il CEO Mike Hawes,“le industrie automobilistiche del Regno Unito e dell’UE sono profondamente integrate, quindi c’è bisogno di un accordo che garantisca un commercio libero e senza attriti che possano distruggere questo settore vitale”. Più nel dettaglio, l’entrata in vigore del dazio del 10% sulle automobili prodotte nel Regno Unito e spedite nell’UE sarebbe impossibile da compensare, anche ricorrendo a una certosina riduzione dei costi di produzione e manodopera.

Il Ministro per il business, Nadhim Zahawi, ha affermato che uno degli strumenti che sta prendendo in considerazione per arginare il problema è il “fondo di crescita regionale eccezionale”, un premio di sovvenzioni progettato per aiutare “dove la situazione economica in un’area locale si deteriora improvvisamente”. Il Ministro ha promesso che farà di tutto per evitare l’interruzione delle catene di approvvigionamento nel caso di una Brexit senza accordo, non imponendo ulteriori controlli alle frontiere britanniche. Zahawi afferma che, in questo senso, ci sarebbe una certa intesa anche con le autorità di Calais, il principale porto francese da dove partono le merci dirette al Regno Unito.

Anche se questa presunta comunanza di intenti franco-inglesi non è certamente una garanzia, visto che la Francia dovrà necessariamente ricevere e attuare i provvedimenti dell’Europa e far, eventualmente, rispettare la frontiera doganale con tutti gli annessi e i connessi del caso. Uno scenario che, a dire il vero, sembra più concreto delle promesse fatte da Zahawi e che, potenzialmente, potrebbero indurre le multinazionali del settore a fare le valigie.

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