La prima ragione sociale della nascita del governo M5s-Pd era bloccare l’aumento dell’Iva. Ora proprio sull’imposta indiretta si consuma il primo vero momento di tensione nella nuova maggioranza. A differenza del governo Conte 1 non sono solo due squadre a fronteggiarsi, ma quattro partiti – l’ultimo appena nato grazie a Matteo Renzi – e così il presidente del Consiglio si è trovato costretto a convocare un vertice a Palazzo Chigi domenica sera per allineare un po’ di punti e posizioni a meno di 24 ore dal consiglio dei ministri che dovrebbe dare la luce alla nota di aggiornamento al Def, il documento di economia e finanza, cioè la cornice della manovra finanziaria. Al tavolo con il capo del governo si sono seduti oltre al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri i capi-delegazione dei partiti che compongono la maggioranza: il ministro della Cultura Dario Franceschini per il Pd, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (con il sottosegretario alla presidenza Riccardo Fraccaro) per il M5s, il ministro della Salute Roberto Speranza per Liberi e Uguali e per la prima volta la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova in rappresentanza di Italia Viva.

Fin qui i partecipanti a un vertice di governo che però dopo 4 ore – fino alle 2 del mattino – non ha portato a nessuna intesa. Perché poi ci sono i contenuti. “Ci sono ancora molte ipotesi in campo”, spiega una fonte riferendosi in particolare al confronto di fuoco, quello sull’eventuale aumento selettivo dell’Iva. Alle 2 i ministri si salutano con l’idea di tenersi in contatto: si lavorerà tutto il giorno per trovare una quadra in vista del Cdm previsto alle 18,30. E c’è chi continua a premere perché il deficit venga alzato dal 2,2 per cento ad ora ipotizzato fino al 2,3 o 2,4 per liberare risorse che evitino di alzare l’Iva. E Matteo Salvini è già lì alle calcagna: “Secondo Gualtieri gli italiani sono scemi? – dice a Radio24 – Hanno passato mesi a dire che facevano questo governo per evitare l’aumento dell’Iva. E oggi propongono l’aumento dell’Iva? Non scherziamo. Noi con la pace fiscale, avremo portato a casa almeno 10 miliardi. Questo è stato tolto dal dibattito politico, ma in un momento di crisi di consumi non si possono proporre altre tasse. Qui stanno scherzando con il lavoro della gente”.

Così la prima sorpresa è che dentro la maggioranza le alleanze sono imprevedibili. Perché se il presidente del Consiglio Conte sabato e il ministro Gualtieri domenica su Rai3 hanno parlato di ipotesi di “rimodulazione dell’Iva“, a pretendere un blocco tout court dell’aumento dell’imposta (clausola di salvaguardia rinnovata dall’esecutivo M5s-Lega nella manovra precedente) sono Matteo Renzi e Luigi Di Maio. “Farò di tutto perché non aumenti” ha detto l’ex presidente del Consiglio. L’aumento selettivo dell’Iva, aggiunge al Qn, sarebbe “una presa per il naso selettiva“. “Non siamo Italia Iva, siamo Italia Viva” ha ironizzato uno dei suoi dirigenti transfughi dal Pd, Ettore Rosato. E Di Maio, intervistato in serata da Massimo Giletti a Non è l’Arena, ha rafforzato questa posizione con in dote la quota di maggioranza nel governo: “L‘Iva non può aumentare, né nell’aliquota minima, né nell’intermedia, né in quelle più alte”.

Implicitamente Di Maio replica alle varie opzioni su cui Palazzo Chigi e ministero dell’Economia lavorano da giorni e che a pezzi e bocconi stanno uscendo in vari retroscena sui giornali. Nessuna di quelle è già decisa, come ha spiegato il ministro Gualtieri su Rai3, e ancora bisogna scegliere quale sarà la strada. Un’ipotesi, non favorita rispetto ad altre, che Gualtieri ha illustrato a In mezz’ora in più è quella che si abbassi l’aliquota Iva per i prodotti di maggior consumo e si aumenti nei settori di beni e servizi in cui c’è maggiore evasione, assorbendo poi questo aumento nell’incentivo – confermato da Conte e Gualtieri – all’uso del pagamento elettronico che dovrebbe prevedere un ritorno in percentuale. Insomma, per il ministro dell’Economia questo circolo sarebbe virtuoso e porterebbe alla fine a una riduzione generale dell’Iva. Questo però non pare sufficiente ai più influenti soci di maggioranza del governo Conte 2. Il consiglio dei ministri che dovrebbe tenersi nel pomeriggio per dare il via alla cosiddetta “Nadef” (la nota di aggiornamento appunto) potrebbe rivelarsi complicato, anche perché si parla di una manovra da 30 miliardi – cifra confermata da Gualtieri – ma almeno secondo i giornali ne continuano a mancare almeno 7, mentre sembra complicato già applicare un sensibile taglio al cuneo fiscale, a beneficio delle classi medie e medio-basse, così come ha riconfermato Gualtieri e come da centro principale del discorso di insediamento di Conte alle Camere nei giorni della prima fiducia in Parlamento.

Non facilita affatto la situazione il fatto che Di Maio nell’intervista su La7 ha aggiornato la lista delle richieste per la manovra con il salario minimo che del resto è nel programma dell’alleanza giallorossa. Sempre lì Di Maio ha anche aggiunto che lo ius culturae non è la priorità (e tra l’altro non aiuta a spingerlo il fatto che non sia nel programma). “Ragioniamo un attimo, voglio essere molto chiaro – ha detto – Il governo ha delle priorità, il 7 ottobre il taglio dei parlamentari, entro il 31 dicembre la riforma della giustizia, poi la legge di bilancio, nella quale si decidono le tasse degli italiani, che non aumenteremo, e il salario minimo”. Puntualizzazioni a cui ha risposto il collega di governo Franceschini: “Vedo che poco prima della riunione a Palazzo Chigi, Di Maio ha annunciato in modo ultimativo in tv una serie di posizioni sulla legge di Bilancio e su molto altro. Cose anche interessanti che credo impegnino il suo movimento, ma di certo non impegnano l’intera maggioranza”. Il ruolo da mediatore del presidente del Consiglio Conte sarà così una volta di più il punto di ripartenza.

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