In Italia ci sono 8 milioni di poveri, fra cui un milione di minorenni; 4 milioni di disoccupati; 3 milioni di disabili, di cui una metà gravissimi, murati in casa dalle mille “barriere”; un milione di malati di Alzheimer o altre forme di demenza, del tutto abbandonati al sostegno, non solo economico, dei familiari; un numero imprecisato di immigrati clandestini in condizioni miserevoli.

A fronte di questo esercito di diseredati c’è una nutrita minoranza di italiani che evade il fisco per 150 miliardi l’anno, almeno cinque volte l’ammontare di una legge finanziaria, oltre il 10% del Pil (due percentuali “a spanna” solo per dare un’idea della gravità del fenomeno). Ed ecco due dati:

1) Per realizzare un serio “piano per la povertà” servirebbero 7 miliardi l’anno, una somma equivalente a meno del 5% di quei 150 miliardi;

2) se i 150 miliardi si aggiungessero alle attuali entrate del Fisco sarebbe possibile ridurre di almeno il 30% le tasse a tutti i contribuenti, a gettito totale invariato, con un effetto benefico su consumi e produzione.

Fra i reati di natura economica, l’evasione fiscale, oltre ad essere di gran lunga il più rilevante dal punto di vista economico, è anche uno dei più repellenti dal punto di vista morale, perché con essa ci si sottrae al primo dei doveri dei cittadini: contribuire al mantenimento della collettività. Eppure mai, dai tempi di Visentini, i governi si sono impegnati seriamente contro l’evasione, contentandosi di misure (“redditometri”, “studi di settore” ed altri marchingegni affini) che consentono recuperi della evasione ridicoli (negli ultimi 12 anni, a fronte di accertamenti per un valore di 800 miliardi di euro, Equitalia ha incassato solo 70 miliardi: meno del 10%), secondo la vox populi anche a causa di qualche situazione in cui la Guardia di Finanza tende a “chiudere un occhio” su pur vistosissimi casi di evasione.

Né sembrano migliori le intenzioni per il futuro dei partiti di centro destra, con una lunga serie di condoni alle spalle. La Lega ha sempre invitato alla “rivolta fiscale”. Per Berlusconi se le tasse sono troppo alte “è morale evaderle”. Vaghi, purtroppo, anche i programmi del Pd e debole l’operato dei governi Renzi e Gentiloni in materia.

Nei grandi paesi dell’Occidente l’evasione, contrariamente a quanto avviene in Italia, è trattata come un reato grave e punita con il carcere. L’Institut de criminologie et de droit pénal ci dice che i detenuti per reati economici – e soprattutto per reati fiscali – sono 156 in Italia, 8.601 in Germania, 12mila negli Stati Uniti (dati non recentissimi ma di ottima fonte). Le pene, negli altri Paesi, sono sempre superiori ai due anni, e così dovrebbe essere in Italia per evitare il salvagente della condizionale.

Ora, finalmente, il premier Giuseppe Conte ha posto ripetutamente l’esigenza di ricorrere al carcere per i grandi evasori italiani: una novità clamorosa, che meriterebbe non accenni di cronaca ma editoriali di commento dei direttori e interviste ai leader politici per sapere cosa ne pensano. Anche perché fin dal giugno scorso anche Luigi Di Maio aveva chiesto con forza il carcere per i grandi evasori.

Ma soprattutto richiederebbe una replica da parte del Pd (il segretario Nicola Zingaretti e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri). Speriamo che non valga ancora per il Pd quel che mi scrisse in una mail un alto esponente di quel partito, che avevo ripetutamente provocato su l’Unità di Concita De Gregorio:”Caro Troilo, andiamoci piano con l’evasione fiscale, perché anche nel nostro Partito ci sono moltissime partite Iva”. Non parlo di Leu come partito, visto che mi sembra avviato alla chiusura, ma certo dagli ex presidenti delle Camere mi aspetterei un po’ di coraggio.

Naturalmente, quando si riporterà davvero nelle scuole l’educazione civica, introdotta da Aldo Moro nel 1958 e via via lasciata cadere nel dimenticatoio, ai nostri bambini andrebbe spiegato subito che pagare le tasse è il primo dei doveri dei cittadini. E che i grandi evasori sono dei Robin Hood alla rovescia, che rubano ai poveri per dare ai ricchi.

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