Per le vie della Parigi sportiva non si fa altro che parlare di Neymar. Che il fuoriclasse brasiliano sia ormai diventato un caso è sotto gli occhi di tutti, ma ciò che stupisce è la dialettica delle parti. Il giocatore ha da tempo manifestato la volontà di tornare al Barcellona anche se il club, in via ufficiale, continua a fare muro. Il ds Leonardo ribadisce che dalla Spagna non è arrivata nessuna offerta, l’allenatore Tuchel si augura che l’attaccante possa restare al Psg ma nello stesso tempo lo fa fuori dalla lista dei convocati per uno dei primi test amichevoli. Le ultime ricostruzioni ai limiti della fantascienza lo vogliono da un lato vicino alla Juventus (ma con quali soldi?), dall’altra in rotta con il patron Al-Khelaifi che avrebbe come obiettivo quello di sbarazzarsene al più presto per puntare tutto su Mbappé e sul suo maxi rinnovo: proprio in questi giorni El Pais, ha messo in evidenza i 50 milioni netti che il Psg darebbe annualmente al giovane campione del mondo per tentare di convincerlo a proseguire l’avventura da star in Ligue 1.

Il fallimento dell’operazione – Si può dire con totale serenità che il progetto parigino di Neymar, a un passo dalla conclusione, è fallito. Dei 222 milioni sborsati dalla Qatar Sports Investments è rimasto ben poco al netto dei problemi fisici: vanno bene i titoli di Ligue 1 (anche se il dislivello con le rivali è imbarazzante) ma i ko agli ottavi di finale di Champions League e la Coppa di Francia persa ai rigori contro il più modesto Rennes gridano vendetta. In questo senso appare davvero interessante confrontare l’ultima campagna acquisti del Psg prima dell’avvento di Al-Khelaifi con quelle finanziate dai dollari qatarioti che avrebbero dovuto portare il club ai vertici del calcio internazionale. Si è passati dai 5 milioni spesi per Nené, acquisto top dell’estate del 2010, ai 42 di Pastore dell’anno seguente. Il resto, a parte qualche operazione ben finalizzata e che resta ancora in piedi come i 12 milioni per Verratti o i 31 per Marquinhos, assume i connotati dello spreco. Più di 50 milioni per la coppia Krychowiak-Jesé, 25 per Cabaye o 16 per lo spagnolo Yuri. Oltre un miliardo investito in fuoriclasse e presunti tali in appena otto anni per non andare mai al di là dei quarti di finale di Champions.

Rabiot e altri: quanti errori – Quando non si conoscono misura e lungimiranza arriva inesorabile la fatica a farti pagare il conto: il dilemma è scegliere tra una squadra organizzata dalle richieste del proprio allenatore, cosa mai successa negli ultimi anni al Psg, e tra una squadra formata da colpi di mercato a effetto per accontentare i facili entusiasmi dei tifosi. Adesso pare che la situazione stia leggermente per cambiare, soprattutto se si fa riferimento all’avvicendamento tra Henrique e Leonardo. Tra i tanti errori del dirigente portoghese spiccano i casi legati a Rabiot e Ben Arfa. Con il nuovo centrocampista della Juventus non è mai riuscito a trovare un accordo per il rinnovo del contratto (è stato poi messo fuori rosa), con il fantasista ha troncato ogni tipo di rapporto lasciandolo partire a zero. Situazioni simili aggravate dal fatto di non aver mai rimpiazzato Thiago Motta dopo il ritiro, il cuore pulsante degli ultimi anni parigini: basti pensare che a volte si è visto Marquinhos schierato da mediano. Proprio il centrocampo potrebbe essere eletto a modello degli insuccessi della società. Da Mbappé a Neymar, passando per Cavani e Di Maria.

Tanti soldi, poco equilibrio – I colpi più interessanti del mercato vengono puntualmente piazzati in attacco lasciando i reparti arretrati completamente sguarniti. La difficoltà degli allenatori, da Emery e Tuchel, è stata palese e ha evidenziato numerosi problemi di equilibrio. E la risposta, sconclusionata, a queste logiche di mercato è stata la creazione di una squadra zoppa, che non accenna minimamente a far riferimento a una filosofia di gioco. Si vince con l’organizzazione e la completezza, qualità ben messe in mostra dall’ultimo Liverpool di Klopp e dal fantastico Real Madrid di Zidane che nel triennio in cui ha sbaragliato la concorrenza in Champions non ha presentato alcun deficit nell’undici di partenza. Circostanze che sono state recepite dai diretti interessati, Neymar in primis: il brasiliano si è reso conto che a Parigi l’impegno è meramente economico e sta spingendo per andare via il più presto possibile. Non è il primo e non sarà l’ultimo.

E c’è il nodo Mbappé – Rabiot ha già salutato, Buffon ha preferito fare il secondo alla Juve, Dani Alves ha ringraziato e adesso sogna l’ultimo top club europeo della carriera. Poi c’è il capitolo Mbappé, il nuovo fenomeno del calcio mondiale che rischia seriamente di giocare l’ultima stagione al Psg. Florentino Perez lo corteggia già da un po’, l’obiettivo è chiaro e segue l’esempio Hazard: ammaliarlo in anticipo facendolo arrivare alla naturale scadenza di contratto per poterlo ingaggiare a prezzo più contenuto. Il nuovo corso inaugurato da Leonardo sembra dare priorità al giudizio tecnico. Spese “irrisorie”, almeno per il momento, per portare in rosa giocatori funzionali al credo del proprio allenatore: Diallo per la difesa, Herrera (a zero) per la mediana e Sarabia per la trequarti.

La fine della partnership con il Qta – Il mercato è ancora lungo ma la direzione intrapresa dal ds brasiliano, tornato nella capitale francese a sei anni di distanza, sembra in netta controtendenza con le mosse delle ultime stagioni. E magari lo ha capito anche Al-Khelaifi, finito recentemente sotto inchiesta con l’accusa di aver versato una tangente da 3,5 milioni all’ex presidente della Iaaf per portare in Qatar il Mondiale di atletica del 2017. Il patron del Psg ha messo fine alla storica partnership con la Qta (Qatar Tourism Authority), una società con sede a Doha che ne ha finanziato i botti di mercato, senza spiegare il perché: il motivo più plausibile è da ricercare nell’attenzione maniacale che la Uefa stava adottando nei confronti di questo accordo di auto-sponsorizzazione che aveva come finalità quella di aggirare i paletti del fair play finanziario.

Lo “stile” Ajax – La rivoluzione nasce sempre dal basso e la concessione dei permessi ambientali per la costruzione della prima accademia sportiva interamente di proprietà del Psg è un importante passo in avanti: un centro d’allenamento con 17 campetti che trainerà il settore giovanile della società a pochi chilometri dal Parco dei Principi e che sarà pronto per l’estate del 2022. Una struttura che richiama per concezione il de Toekomst dell’Ajax, che presenterà al suo interno anche un piccolo stadio dedicato alle partite femminili e che avrà come meta finale la formazione di futuri campioni. Giocatori da formare e non più da strappare alla concorrenza a suon di milioni: ecco perché il club si è tirato fuori dalla corsa a De Ligt e dalla mega commissione a Mino Raiola. Con Leonardo si opterà per un mercato più prudente, fatto di innesti intelligenti e con uno sguardo critico rivolto al bilancio.

“Stop ai comportamenti da star” – La possibile uscita di Neymar sarà da considerare come lo spartiacque del nuovo Psg: per prendersi la scena europea non basta la ricerca dell’estro, servono carattere, professionalità e organizzazione. È necessario reinventarsi, tutti aiutano tutti e nessuno è indispensabile: “I giocatori devono assumersi le loro responsabilità – ha dichiarato qualche settimana fa Al-Khelaifi – Non sono qui per divertirsi ma per lavorare di più. Non accetto comportamenti da star. E se qualcuno non è d’accordo, le porte sono aperte. Ciao”. Il salto di qualità, prima che coi soldi, si fa con la testa. Neymar ha toppato, si è affrancato dall’ombra di Messi ma non ha dimostrato la stoffa del leader. E pensare pure che il Brasile (facendo a meno di lui) è tornato a vincere la Coppa America dopo dodici anni dimostrando che la collettività è al di sopra di ogni singolo talento. In definitiva la cessione di Neymar sarebbe un affare per entrambi: l’attaccante tornerebbe a casa in una squadra che punta subito alla Champions, il Psg reinvestirebbe tantissimo denaro per sistemare una volta per tutte e in modo piuttosto razionale una rosa pericolosamente priva di stabilità.

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