Fayez al-Serraj torna a parlare e a chiedere appoggio a Italia e Unione europea paventando un nuovo aumento delle partenze di migranti dalle coste libiche con il rischio di infiltrazioni terroristiche, visto che “l’Isis sta crescendo nel nostro Paese”. In un’intervista rilasciata a SkyTg24 Mondo, il premier del cosiddetto Governo di Accordo Nazionale sostenuto dalle Nazioni Unite fa la voce grossa prevedendo una sconfitta del suo principale rivale sul terreno, il generale della Cirenaica Khalifa Haftar, ma disegnando una situazione che, dopo mesi di scontri tra le diverse fazioni in campo, si è già trasformata in una crisi umanitaria. “Haftar tornerà da dove è partito – ha detto – Eppure non c’è da essere soddisfatti. Ci sono centinaia di vittime, più di 100mila sfollati, quartieri distrutti, denuncio inoltre bombardamenti su obiettivi civili come scuole, ospedali, aeroporti. La Comunità internazionale deve aiutarci a fermarli. Il rischio è che anche Paesi vicini, compresa l’Italia, ne subiscano le conseguenze”.

Il leader della fazione tripolina ostenta sicurezza, dicendo di avere il controllo delle aree intorno alla capitale, anche se chiede il supporto dell’Europa: “La situazione sul campo – ha spiegato Serraj – è buona per noi su tutto il fronte, le nostre forze stanno proteggendo le nostre case, le nostre famiglie, la nostra civiltà. Abbiamo ripreso in poco tempo il terreno perduto nella prima fase di guerra. Pensavano che sarebbe stato come andare a un picnic, invece si sono trovati di fronte quello che si meritano. Sono venuti da tutta la Libia per difendere Tripoli”.

Anche lui, però, sa bene che per poter avviare un processo di pace che permetta al Paese di rialzarsi dopo otto anni di guerra, dopo la caduta del Raìs Muammar Gheddafi, l’unica via da percorrere è quella del dialogo con tutte le parti in gioco, compreso l’arcinemico Haftar: “L’unica soluzione è politica, non c’è soluzione militare – continua – Tutto era pronto per la Conferenza Internazionale, eravamo vicini a una mediazione. Poi Haftar ci ha attaccato. Ma noi ci crediamo ancora. Tutti i libici, compreso Haftar, devono sedersi al tavolo del dialogo e ascoltare l’altra parte, senza escludere nessuno. Chi vuole partecipare deve accettare che siano i libici a scegliere da chi farsi rappresentare e guidare”, conclude chiedendo così l’avvio di un processo che porti a elezioni democratiche.

Ma chi, a suo parere, non è disposto a sedersi a un tavolo libico è proprio l’uomo forte della Cirenaica, più propenso a instaurare un governo militare in Libia, sullo stile di quello del vicino e, guarda caso, sostenitore, Abdel Fattah al-Sisi: “C’è un’aggressione in atto, bombardamenti sui civili, Haftar ha superato ogni limite, ogni legge internazionale. È stato un tentativo di colpo di Stato e l’Unione europea ha condannato questo attacco. Poi però ci sono dei Paesi che sostengono Haftar, noi chiediamo anche a loro di sostenere il governo legittimo, non un singolo personaggio politico. Tutti quei Paesi che hanno interessi in Libia, saranno seguiti con attenzione dal nostro governo. Interessi politici, economici, saremo giusti con tutti, ma tutti devono rispettare le leggi internazionali . È la differenza tra noi e Haftar, che invece vuole un governo militare in Libia”.

Per questo, dice, l’Europa e l’Italia devono svolgere un ruolo di primo piano nei colloqui con le parti in conflitto. Anche perché un peggioramento della situazione umanitaria e un’ulteriore destabilizzazione dell’area porterebbero a conseguenze che riguarderebbero anche Roma, soprattutto dal punto di vista migratorio. “Apprezziamo il ruolo italiano, siamo in continuo contatto con il governo. L’Italia non deve essere timida, deve dire che sostiene il governo di accordo nazionale. È l’unico governo legittimo. L’Italia ci sostiene, sostiene la nostra guardia costiera, non c’è spazio per incertezze. L’immigrazione illegale è un incubo per l’Italia e per l’Europa in generale. In Libia ci sono oltre 800mila migranti, nei nostri centri solo 15mila. Non si può venire qui, girare le immagini di un centro di detenzione e dire che il problema siamo noi. Qui ci sono tantissime persone in fuga, in Europa in molti paesi le porte sono chiuse e questi stessi paesi criticano la Libia che ospita 800mila migranti. Dobbiamo trovare un punto di incontro: ricordiamoci anche il problema della sicurezza, tra i migranti possono nascondersi terroristi e fuorilegge, ne abbiamo avuto conferma dalla nostra intelligence”.

Questo perché, secondo quanto riferisce il premier libico, anche lo Stato Islamico starebbe di nuovo crescendo in alcune aree, dopo la sconfitta subita per mano delle milizie di Misurata a Sirte e Derna, nel 2016: “Abbiamo avvertito i nostri partner che durante la guerra l’Isis è tornato a crescere nel nostro Paese. Molte cellule dormienti si stanno risvegliando, il rischio non è soltanto per noi, ma per tutta la regione. L’Isis sta combattendo in alcune città nel sud della Libia, proprio ora. È una prova della loro presenza. E sono certo che il terrorismo aumenterà se i nostri militari resteranno impegnati nella guerra di Tripoli”.

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