L’Unione europea è accusata di crimini contro l’umanità di fronte alla Corte penale internazionale dell’Aja, per responsabilità nella morte di migliaia di migranti annegati nel Mediterraneo e nelle uccisioni nei campi di detenzione in Libia. La denuncia, presentata da un gruppo di avvocati provenienti da diversi paesi, ipotizza la consapevolezza delle autorità europee nella creazione di quella che è la “rotta migratoria più mortale del mondo”. In particolare, vengono chiamati in causa i Paesi che hanno svolto un ruolo cruciale della definizione della politica europea sull’immigrazione, cioè Italia, Germania e Francia. Tra i nomi che compaiono negli atti d’accusa ci sono quelli dei primi ministri Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Emmanuel Macron e Angela Merkel. Ma anche quelli dei ministri dell’Interno Marco Minniti e Matteo Salvini. Il periodo preso in esame è quello tra gennaio 2014 e luglio 2017, nel corso del quale 14.500 migranti sono morti nel Mediterraneo.

La responsabilità criminale europea nelle morti è documentata in un documento di 242 pagine, che analizza ogni scelta, decisione, dichiarazione pubblica dei funzionari e dei politici dei Paesi membri e delle istituzioni comunitarie. I capi d’imputazione, oltre alle morti in mare e ai respingimenti, sono “crimini di deportazione, omicidio, carcere, riduzione in schiavitù, tortura, stupro, persecuzione e altri atti disumani”. Secondo gli avvocati, l’Ue e gli Stati “non hanno commesso in prima persona i reati”, ma esternalizzando le pratiche di respingimento dei migranti in fuga alla Guardia costiera libica, “pur conoscendo le conseguenze letali di queste deportazioni diffuse e sistematiche (40 mila respingimenti in tre anni), gli agenti italiani e dell’Ue si sono resi complici degli atroci crimini commessi contro i migranti nei campi di detenzione in Libia”. In altre parole, secondo l’accusa Italia e Unione europea conoscevano le carenze nella sicurezza e nel rispetto dei diritti umani in Libia, ma hanno consapevolmente deciso di affidargli la gestione migratoria. Tra gli avvocati che hanno preparato il caso ci sono l’esperto di diritto internazionale dell’Istituto di studi politici di Parigi, Omer Shatz, e il giornalista franco-spagnolo Juan Branco, consigliere di WikiLeaks.

Tra il 2016 e il 2018 oltre 40mila persone sono state intercettate e trasferite con la forza nei centri di detenzione e di tortura in Libia. Ed anche se le Nazioni unite e diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno denunciato gli abusi, le torture, gli stupri e gli omicidi che avvenivano nei campi libici, l’Unione europea “ha continuato la sua cooperazione” con “il consorzio di milizie per contenere il flusso migratorio proveniente dalla Libia”. Non solo, l’Ue e l’Italia hanno fornito mezzi e informazioni grazie ai quali i libici hanno potuto intercettare i gommoni e abbordarli con violenza. A sostegno della tesi del rapporto, i legali citano documenti interni di Frontex, l’organizzazione europea incaricata di proteggere le frontiere esterne. Secondo questi atti, Frontex ha chiaramente avvertito gli Stati che abbandonare la missione di salvataggio italiana “Mare Nostrum” – che fu autorizzata dal ministro del Consiglio Enrico Letta – avrebbe portato a un “più alto numero di vittime”. Gli avvocati accusano l’Ue anche di aver impedito alle Ong di intervenire nel Mediterraneo. Per farlo le autorità europee avrebbero privilegiato la guardia costiera della Libia “nell’intercettazione e nel respingimento illegale dei migranti” attraverso la creazione della Zona di ricerca e salvataggio (Sar) libica.

Oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, rispondendo a una domanda dei giornalisti nella conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha rivendicato il ruolo dell’Italia nel salvataggio di migranti. L’Unione europea, attraverso una portavoce della Commissione, non commenta “procedure che ancora non sono cominciate” ma rivendica che “salvare vite umane nel Mediterraneo resta una delle nostre principali priorità”. L’ufficio della procura dell’Aja dovrà decidere ora se acquisire la denuncia. L’acquisizione della denuncia non garantisce automaticamente l’avvio di un’inchiesta, ma è comunque evidentemente il primo passo che può portare ad essa. A gennaio è stata acquisita le denuncia di razzismo fatta contro il governo italiano dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo.

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