La situazione che si è venuta a creare con le restrizioni commerciali imposte a Huawei dalla Casa Bianca sta obbligando l’azienda cinese a far diventare operativo un “piano B” che fino a qualche mese fa era solo una remota ipotesi. Mettendo da parte ipotetici accordi con Google per aggirare il decreto esecutivo (tutti da definire, sempre che sia possibile farli), e assodato che i servizi di Google erogati sugli smartphone già venduti non subiranno interruzioni, allo stato attuale delle cose, dal 19 agosto in poi Huawei si troverà in grande difficoltà.

Non potrà vendere nuovi smartphone con i servizi di Google (Play Store, YouTube, Gmail, eccetera) pre-installati, che per gli utenti occidentali sono una necessità. Inoltre probabilmente non potrà aggiornare gli attuali smartphone ad Android Q com’era preventivato. Che fare quindi? Più volte in questi giorni si è accennato a un sistema operativo proprietario e a un negozio di applicazioni alternativo al Google Play.  Ebbene, stando alle ultime informazioni, non sono solo ipotesi bensì un “piano B” vero e proprio che nasce da lontano.

Che cosa sappiamo del sistema operativo di Huawei

Quella di creare un sistema operativo alternativo ad Android non è un’idea tirata fuori all’ultimo minuto. È nell’aria da molto prima della decisione del Governo degli Stati Uniti. Certo, il decreto firmato da Trump ne ha accelerato i tempi, e la conseguenza è che secondo diverse dichiarazioni dei manager cinesi il nuovo software potrebbe essere pronto per l’autunno 2019.

Abraham Liu, Vice Presidente di Huawei per la regione europea, ha parlato di “arrivo scontato di un’alternativa ad Android in relazione alla sopravvenuta impossibilità di utilizzare la piattaforma Google”.

Foto: Depositphotos

 

Sembra che l’azienda cinese abbia avviato lo sviluppo del suo sistema operativo proprietario nel 2012, con l’idea di contrastare nel lungo periodo Android e iOS. Si tratterebbe dunque di un progetto radicato nel tempo, riflesso della volontà di Huawei di rendersi sempre più indipendente da altre aziende. Una logica molto simile alla decisione di realizzare in casa i processori Kirin per smartphone.

In azienda il sistema operativo sarebbe noto come HongMengOS ma ovviamente è presto per sapere quale sarà il nome con cui potrebbe arrivare sul mercato. Senza dubbio rappresenterebbe la più grande sfida commerciale di Huawei. Infatti, se da una parte l’azienda cinese può contare su un ecosistema già abbastanza strutturato (servizi cloud, piattaforma di streaming video e altro), quest’ultimo dovrà essere potenziato, soprattutto nei mercati esterni a quello cinese.

Non è da escludere che il nuovo sistema operativo possa essere basato sul kernel di Android, su cui magari applicare l’interfaccia proprietaria EMUI a cui gli utenti Huawei sono abituati. Questo faciliterebbe l’uso delle app Android e, dato che il Play Store allo stato attuale delle cose non può essere usato, assume un senso compiuto l’apertura delle trattative con Aptoide.

Descritta così la questione sembra semplice, ma in realtà non lo è affatto. Spezzare il dominio di Android e iOS è un’impresa titanica anche per un’azienda del calibro di Huawei.

Da Android al sistema operativo proprietario

Pare altamente improbabile che Huawei possa aggiornare al nuovo sistema operativo proprietario tutti gli smartphone in circolazione. L’idea è legata alla potenziale adozione del kernel di Android, ma è da considerare che, al di là dell’aspetto tecnico, si tratterebbe di un’operazione economicamente importante, che tra l’altro complicherebbe i piani dell’azienda cinese.

Poterlo evitare sarebbe meglio, ma molto dipende da un nodo non ancora chiarito, ossia i major update. Con questa dicitura s’intende il passaggio da un sistema operativo al successivo, nel caso specifico da Android Pie ad Android Q. I prodotti attualmente in commercio erano destinati a ricevere Android Q, ma sembra che ci siano poche possibilità. Nel parlare degli aggiornamenti, Huawei sembra abbia fatto riferimento alle patch di sicurezza, mentre Google agli update del Play Protect: in mancanza di comunicati ufficiali in merito non si riuscirà a chiarire la cosa.

Il “piano B” non sarà una passeggiata

Gli analisti di Strategy Analytics hanno calcolato che le spedizioni globali di Huawei subiranno un calo del 24% su base annua già nel 2019 se il divieto dovesse essere confermato. La relazione, pubblicata nelle scorse ore, sottolinea che nel 2020 le spedizioni continueranno a diminuire del 23%. Ovviamente, in questo contesto non ci saranno conseguenze sul mercato cinese, dove Huawei potrà continuare a commercializzare i propri smartphone che già ora sono privi dei servizi Google.

A livello internazionale potrebbero trarre benefici i principali rivali. Apple e Samsung potrebbero consolidare la loro presenza nel mercato dei top di gamma e i marchi cinesi (come OPPO, VIVO e Xiaomi), nel segmento più basso potendo contare sulla presenza dei servizi Google sui loro dispositivi.

Il piano B di Huawei in conclusione avrà bisogno di tempo per stabilizzare la situazione al di fuori dei confini nazionali.

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