Un capolavoro. Dopo i secoli mai finiti di mansplaining su tutto lo scibile umano arriva anche la spiegazione ambientalista sul perché non sia stata abolita l’Iva al 22% sugli assorbenti. Che restano tassati come i gioielli. A giocare la parte dell’esperto questa volta è Francesco D’Uva, capogruppo M5s alla Camera dei Deputati, che ha spiegato perché no, quell’emendamento proprio non fosse presentabile. Primo: non c’era la copertura e non si possono sparare norme se poi non si sa come finanziarle. Secondo: siamo attenti all’ambiente quindi arrangiatevi con le coppette, dai, basta inquinare. Poche parole sufficienti per fare trasparire una totale incompetenza. Civati l’aveva detto bene: “La Tampon tax? È una cosa molto seria, mi dispiace che sia sempre accolta da risolini, come è successo su Twitter. C’è sempre un filo di sessismo e di scemenza quando si parla di queste cose”. Giusto un filo.

Non tutte, ad esempio e specie dopo una gravidanza, sono a loro agio con l’oggetto e col materiale di cui è fatta una coppetta. Andate in giro, chiedete. E poi credete che la coppetta risolva tutto e una donna non abbia comunque bisogno di un salvaslip se la usa? Ah, e poi comodo se lavori e sei fuori casa usare i bagni di ristoranti, dell’ufficio e dei luoghi pubblici per lavarla e rimettersela, vero? Vi fa schifo leggere questi dettagli? Ma certo, meglio girarsi dall’altra parte o, come dice Di Pietro nel video di Omnibus, parlare d’altro. Che sia per imbarazzo o per incompetenza è uguale perché il risultato che si vuole ottenere è eliminare il tema.

Queste sono due facce della stessa medaglia: il lato A, negare che l’Iva venga abbassata e dire alle donne di trovare altri modi che, a detta di un uomo, ci sono e sono equivalenti; e il lato B, cioè girarsi dall’altra parte. Tanto 1) fa schifo 2) è (percepito come) un non problema. Eppure in altri paesi, 21 per rimanere in Europa, la cosiddetta tampon tax è inferiore alla nostra. O addirittuea non c’è. In Irlanda l’hanno azzerata, così come hanno fatto nel mondo in India, Malaysia, Nicaragua, Uganda, Kenya, Tanzania, Trinidad e Tobago, Australia e negli Usa Connecticut, Florida, Maryland, Massachussetts, Pennsylvania, Minnesotta, New Jersey, Illinois e New York. Un bel gruppetto, insomma.

Tornando all’Europa, nel Regno Unito e a Cipro è al 5%, in Francia al 5,5, in Portogallo, Olanda e Belgio al 6% e qui potete leggere tutte le altre aliquote. In 21 dei 28 Paesi Ue non ha prevalso la logica ambientalista che ci è stata venduta poche ore fa e nemmeno quella dell’alternativa all’assorbente “tradizionale”. E sapete perché? Perché quella tassa alta su prodotti necessari (a meno che non ci ispiriamo ad alcune regioni dell’India o a paesi del terzo mondo dove se hai il ciclo te ne stai in casa) è una discriminazione contro un gruppo sociale: le donne.

Ci sono tante valide ragioni per cui la tampon tax andrebbe abolita. Vediamone alcune su cui gli esperti di mansplaining (tanti, tantissimi, fateci caso) potrebbero ragionare: gli assorbenti sono una necessità. Le donne spendono in media 2mila dollari (stima di Whimn.com) nella vita per comprarli, and last but not least guadagnano anche meno degli uomini. E come aveva sintetizzato Beatrice Brignone di Possibile, promotrice dell’iniziativa per ridurre l’Iva al 4% “l’igiene femminile è anche una questione politica, sociale e sanitaria di cui ogni governo deve riconoscerne l’importanza. Questo è un primo passo verso nuove e avanzate politiche sociali”. Quello che manca non sono le ragioni per abbattere l’Iva, ma chi le vuole ascoltare e dire qualcosa di sensato.

Ah, ma no dai, c’è la questione ambientale che è importante. E il peso sull’ambiente degli assorbenti è davvero qualcosa di rilevante di cui parlare rispetto a quello dell’Ilva, dell’inquinamento provocato dagli allevamenti intensivi, da quello generato dalle auto e dai trasporti? Dai pesticidi, dall’acqua avvelenata denunciata dalle mamme del Veneto e dal disastro ambientale, con gravi danni alla salute, che riguarda potenzialmente 350mila persone nelle province di Vicenza, Padova e Verona? Da tutte le montagne di oggetti di plastica monouso sversate nel pattume perché è più comodo farsi portare pranzo e cena e non alzarsi dalla sedia? Di tutte le bottigliette usa e getta? Di tutte le grandi società e i privati che se ne fregano della differenziata? Eh no, il problema sono le donne che non usano le coppette.

(Dai, parliamo d’altro. Massì, basta).

Fa schifo perché non volete sentire quello che non vi riguarda. Tanto l’utero mica ce l’avete. Eppure riguardava le vostre mamme, riguarda le vostre compagne e riguarderà le vostre figlie, nipoti. Una cecità curiosa, per non dire sconcertante. Questo dibattito è la prova di un’altra conquista del mansplaining, dopo tutte le valutazioni sul corpo delle donne e la maternità, su quello che le donne possono fare e non fare, se possono lavorare o meno e in che ambito. Ma non è solo una questione di portafoglio e di aliquote. È una questione più sottile, fatta di rispetto, dignità. Parità. Forse non tutti la possono capire.

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