Potremmo fare un libro soltanto con le bufale e i casi di disinformazione diffusi dai politici italiani, ma basta qualche esempio per farsi un’idea di quel che è circolato online negli ultimi tempi.
La nostra capitale, Roma, da anni è vittima della «monnezza» e non mancano le foto scattate dai cittadini e pubblicate sui social a denunciarlo. Il 29 luglio 2019 Gianfranco Fini posta una foto di cassonetti colmi e circondati da decine di sacchetti della spazzatura per criticare la gestione del sindaco Virginia Raggi, esponente del Movimento 5 Stelle. La stessa foto, in realtà, risaliva al 2014 quando all’epoca il sindaco era Ignazio Marino del Partito democratico, ma non è finita qui. Nel 2018 il senatore del Pd Andrea Marcucci l’aveva riproposta, sempre contro il sindaco pentastellato, per poi rimuoverla quando gli avevano fatto notare che era stata scattata nel periodo in cui era il suo partito a governare la città. La Rete non dimentica, diceva Gianroberto Casaleggio. Il 26 febbraio 2016 sul Blog di Beppe Grillo il Movimento 5 Stelle Europa pubblica un post intitolato “Birre tedesche al glifosato”:

Dopo lo scandalo delle emissioni truccate sulle automobili, arriva un’altra Caporetto economica per la Germania. La sua decantata birra è affetta dal glifosato, un diserbante giudicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dallo IARC come possibile cancerogeno. Non stiamo parlando di piccoli numeri: sono 14 le marche di «bionde», tra cui Beck’s, Paulaner e Franziskaner, in cui sono stati rilevati concentrazioni tra 0,46 e 29,74 microgrammi di erbicida per litro. Quindi, nei casi più estremi, fino a 300 volte superiori ai 0,1 microgrammi,
considerato il limite consentito dalla legge per l’acqua potabile. Alcuni stanno già adducendo la scusa della legislazione: non esistendo per la birra, i valori possono essere tollerati legalmente.  ome se tutto ciò che non fosse acqua possa essere venduto al cliente inconsapevole di acquistare veleno.

Nell’articolo c’è anche una frase esplicita: «Bevi una di queste birre? Buttala!». L’europarlamentare Marco Zullo del Movimento 5 Stelle realizza un video in cui ordina una generica birra tedesca, racconta quanto riportato nel blog e poi la versa in un lavandino. Ma omette di aggiungere la precisazione della stessa fonte dei pentastellati, l’istituto tedesco Bundesinstitut für Risikobewertung: un adulto dovrebbe bere intorno ai mille litri di quelle birre al giorno per assumere una quantità pericolosa di glifosato. Se qualcuno conosce un solo individuo capace di bere quantità così elevate di liquidi nell’arco di ventiquattr’ore, gli offro una birra tedesca. Nel 2017 la pagina Facebook del Partito democratico aveva pubblicato un’immagine riportante la traduzione (sbagliata) di un pezzo di un articolo del «New York Times» che parlava dell’addio di Francesco Totti al calcio. Al suo interno, secondo i responsabili della comunicazione del partito, ci sarebbe stato un attacco al sindaco di Roma Virginia Raggi:

L’addio di Totti è un altro durissimo colpo ad una città già messa al tappeto e finita in una buca piena di immondizia. L’economia arranca, c’è emorragia di posti di lavoro e il nome del Sindaco è diventato lo zimbello nazionale, emblema del disastro urbano.

L’articolo del 29 maggio 2017 del «NYT», intitolato Francesco Totti Leaves the Field, and Romans Weep for a Living Monument, diceva tutt’altro:

The past decade or so has not been kind to Rome. Garbage piles up in the piazzas. The parks look like littered Iowa cornfields. The city’s sputtering economy hemorrhages jobs, and the mayor’s name has become a national byword for urban disaster.

Ciò che non viene riportato nell’immagine diffusa dal Partito democratico è la frase iniziale «The past decade or so has not been kind to Rome», ossia che nell’ultimo decennio la capitale non se l’è passata tanto bene. Virginia Raggi non sta al Campidoglio da così tanto tempo e in quell’ultimo decennio dovremmo includere i precedenti sindaci come Ignazio Marino (2013-2015) e Gianni Alemanno (2008-2013). L’attuale sindaco non viene nominato affatto, ma sostenendo che «il nome del sindaco», come figura istituzionale, sia diventata la «parola d’ordine» del degrado urbano si può far riferimento sempre all’ultimo decennio.

Nell’ottobre del 2018 circolava tra i parlamentari e sottosegretari del Movimento 5 Stelle l’immagine di un grafico a torta raffigurante gli spazi dedicati ai vari partiti nei tg Rai nel mese di settembre 2018. Nella parte alta leggiamo una grande scritta «PAZZESCO!» perché la maggioranza degli spazi sono stati dedicati ai partiti di opposizione – Partito democratico e Forza Italia – mentre vengono lasciati gli «spiccioli» a quelli di governo, Lega e Movimento. Pura propaganda basata su dati parziali prelevati dalle tabelle dell’Agcom relative al pluralismo politico/istituzionale in televisione. In queste vengono presi in considerazione due gruppi, ossia i soggetti politici (i partiti) e i soggetti istituzionali (il presidente della Repubblica, i presidenti delle Camere, il presidente del Consiglio, il governo e l’Unione europea).

L’immagine con il grafico diffusa online tiene conto solo dei dati del primo gruppo (che riguarda il 39,91% del totale delle ore dedicate) e non del secondo (il 60,9% delle ore dedicate). Ma il presidente della Camera, il presidente del Consiglio e il governo stesso sono politici appartenenti ai partiti M5S e Lega. Volendo fare un confronto con i due partiti di opposizione citati nell’immagine, questi avrebbero appena ventisette ore e trenta minuti contro le oltre sessanta ore dedicate, nello stesso periodo, a membri dei partiti di governo e al governo stesso.

Comprenderete che le forze di opposizione hanno il diritto di essere presenti e citate, altrimenti si potrebbe contestare un problema di carattere democratico. Se chi ha condiviso quell’immagine con informazioni parziali non tollera che all’opposizione sia dedicata nemmeno la metà dello spazio che viene garantito al governo, il problema non fa che peggiorare. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta il 10 gennaio 2019, ha mostrato tre cartelli per raccontare i risultati del suo lavoro sul tema immigrazione: uno sul numero degli sbarchi, uno sull’accoglienza e uno sul numero dei morti. Secondo quest’ultimo, nel 2017 sarebbero decedute duecentodieci persone contro i ventitré dell’anno successivo.

Per Salvini si trattava di numeri accertati e «non quelli presunti o denunciati dalle Ong», ma qualcosa non quadrava. Secondo i dati pubblicati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) tra il mese di gennaio del 2017 e il mese di novembre 2018 le vittime accertate sarebbero di gran lunga superiori rispetto a quelle mostrate a Porta a Porta. Nella sola area centrale del Mediterraneo risultano 1.276 morti e dispersi accertati. Prima o poi qualche politico sbaglia, o la spara grossa. Online esiste un bellissimo servizio gestito dai colleghi di Pagellapolitica.it, specializzati nell’analizzare le dichiarazioni dei politici italiani per poi esprimere un verdetto: «C’eri quasi», «Nì», «Panzana pazzesca», «Pinocchio andante» e «Vero». Ci sono anche le statistiche, o le classifiche, dove potete notare chi sbaglia di più tra Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni, Matteo Renzi, Giuseppe Conte, Claudio Borghi, Beatrice Lorenzin e tutti gli altri presenti nella corposa lista del sito di fact-checking.

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“Il grande inganno di Internet”: ecco come difendersi dalle bufale (anche da quelle dei politici)

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