Jair Bolsonaro ha abolito per decreto l’ora legale che sarebbe dovuta entrare in vigore dal prossimo novembre, ed ha visto superare il primo scoglio del progetto di riforma previdenziale, considerato il più importante per la politica economica del suo governo perché dovrebbe far risparmiare 260 miliardi dollari. Il testo è stato infatti approvato dalla commissione di Costituzione e Giustizia, che lo ha dichiarato costituzionale e passerà ora ad una commissione speciale ad hoc, dove sarà esaminato e votato punto per punto. Ma il suo gradimento, dopo soli quattro mesi in carica, è in caduta libera, come mai era accaduto ai suoi predecessori.

Secondo gli ultimi sondaggi di aprile, commissionati dalla Confindustria brasiliana (Cni), il suo governo ha infatti un favore del 35 per cento, un vero e proprio record di impopolarità. Si tratta infatti del valore più basso mai ottenuto da un premier brasiliano al suo primo mandato dopo la fine della dittatura. Nei primi mesi del 1990 il presidente Fernando Collor de Mello aveva ottenuto un indice di gradimento del 45 per cento, nel 1995 Fernando Henrique Cardoso contava sul 41% per cento, mentre nel 2003 Luiz Inácio Lula da Silva aveva il 51 per cento e nel 2011 Dilma Rousseff il 56 per cento.

Peggio di Bolsonaro solo gli ex-presidenti Itamar Franco (1992-1994) e Michel Temer (2016-2018), nominati dopo giudizi politici sui loro predecessori Collor de Mello e Rousseff. A influire sul calo di gradimento del nuovo presidente brasiliano ci sono stati alcuni scandali che hanno visto coinvolti i suoi figli con paramilitari e squadroni della morte (in particolare per l’omicidio dell’attivista Marielle Franco), e la crescita economica che tarda ad arrivare. Secondo Renato da Fonseca della Cni, “una parte degli elettori di Bolsonaro è tornata alla realtà e ha cambiato idea su di lui. Forse credevano che votandolo il Paese sarebbe cresciuto subito, mentre molti sono rimasti delusi perché la disoccupazione continua a rimanere alta, i salari sono bassi e la sicurezza pubblica non è migliorata”.

E altre critiche gli sono piovute addosso dall’opposizione, intellettuali e artisti, come lo scrittore Paulo Cohelo, per le sue dichiarazioni contro il turismo gay, e il veto posto sullo spot di una banca pubblica, il Banco do Brasil, che celebrava la diversità sociale. Nella pubblicità comparivano alcuni giovani neri, un transessuale e dei ragazzi tatuati e con i capelli tinti, che rappresentavano la diversità sessuale e culturale dei clienti della banca, la più grande e longeva del paese. Una rappresentazione della società che non è piaciuta affatto a Bolsonaro. Il risultato è stato che il direttore marketing della banca, Delano Valentim, è stato licenziato e che i contenuti delle future campagne pubblicitarie dell’istituto saranno sottomessi, d’ora in poi, al controllo preventivo di Palazzo Planalto, sede del governo. Non solo. Durante un incontro informale con i media, il premier brasiliano ha anche detto che non vuole che il Brasile diventi una destinazione per il turismo omosessuale. “Se qualcuno vuole venire da noi per fare sesso con una donna, sia benvenuto, ma non possiamo permettere che il nostro Paese diventi il paradiso del turismo gay, noi qui abbiamo tutti una famiglia”, ha dichiarato il presidente. Tra le critiche arrivate al premier, anche quella dello scrittore Coehlo, che ha rimarcato come “le donne brasiliane non siano una merce, il turismo sessuale non è una ragione per visitare il Brasile”. E senz’altro sarà destinato a far discutere il nuovo progetto di legge annunciato ad una fiera agricola, in cui il presidente ha promesso di eliminare le sanzioni per i proprietari terrieri che sparano a chi invade i loro campi agricoli.

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