Gli Stati Uniti non escludono un’azione militare. La Russia risponde: in quel caso le conseguenze sarebbero gravi. Nel day after del tentato golpe contro Nicola Maduro, il Venezuela diventa ufficialmente terreno di scontro tra Washington e Mosca. Quella che doveva essere la spinta definitiva per portare Juan Guaidò alla guida del Paese si è rivelata una mezza sconfitta per l’autoproclamato presidente ad interim. Un morto e 90 feriti sono i numeri degli scontri ieri nel Paese venezuelano. Dove si è registrato caos anche oggi: manifestanti sono entrati nuovamente in contatto con la Guardia nazionale bolivariana. Gli hanno utilizzato gas lacrimogeni e sfollagente per disperdere centinaia di oppositori di Maduro. Nonostante l’intervento delle forze dell’ordine, i dimostranti sono rimasti nella zona. “Non abbandoneremo le strade – hanno sostenuto i leader della protesta – perché non abbiamo paura, e perché non ne possiamo più di questo malgoverno”.

Leader opposizione si rifugia all’ambasciata spagnola – In corso a Caracas le marce contrarie di sostenitori di Maduro e degli oppositori. Il presidente è rimasto saldamente al suo posto, visto che la maggioranza dell’esercito gli è rimasta fedele. Solo venticinque militari hanno chiesto asilo all’ambasciata brasiliana a Caracas, dopo aver espresso il loro appoggio a Guaidò, mentre il leader dell’opposizione venezuelana Leopoldo López – arrestato nei mesi scorsi e liberato proprio ieri dai golpisti – si è rintananto all’ambasciata spagnola dopo aver lasciato quella cilena.

Lo telefonata Pompeo-Lavrov – Lo stesso Guaidò – secondo il Corriere della Sera – rischia l’arresto. Ed è per questo motivo il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, in un’intervista televisiva rilanciata da diversi media internazionali non ha escluso che gli Usa possano impegnarsi a breve con un’azione militare a Caracas: “È possibile. Se necessario è quello che faranno gli Stati Uniti” per restaurare la democrazia anche “se preferirebbero una transizione pacifica del potere”. Parole che provocano la replica del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov: “L’ingerenza Usa negli affari interni del Venezuela” è una violazione del diritto internazionale, ha detto il ministro di Mosca al suo omologo americano durante una conversazione telefonica, citata alle agenzie russe Interfax e Tass. Lavrov ha messo in guardia Pompeo sul fatto che ulteriori passi “aggressivi” di Washington nel Paese latinoamericano comporterebbero “conseguenze gravi”. Il ministro di Mosca ha parlato ancora di “influenza distruttiva” degli Stati Uniti allorché lo stesso Pompeo non ha escluso un intervento militare nel Paese latinoamericano. “È una violazione flagrante del diritto internazionale che non ha nulla a che fare con la democrazia”, si legge in un comunicato diffuso dal ministero degli Esteri russo dopo il colloquio tra i due.

Maduro smentisce Pompeo: “Non è vero che stavo scappando” – Dall’altra parte del mondo, arriva la versione americata alla telefonata, riferita una portavoce del Dipartimento di Stato, Morgan Ortagus. “La Russia e Cuba stanno destabilizzando il Venezuela” e il coinvolgimento russo nelle vicende del Paese latinoamericano “rischia di destabilizzare anche le relazioni bilaterali tra Washington e Mosca”, sono le parole usate da Pompeo durante la telefonata con Lavrov. Il capo della diplomazia americana ha insistito perché la Russia cessi immediatamente le attività di sostegno al presidente Maduro. Che hanno come effetto quello di rafforzare la posizione di Maduro. Il presidente del Venezuela, da parte sua, ha smentito l’intenzione, attribuitagli dallo stesso Pompeo, di abbandonare il Paese per trasferirsi a Cuba quando è cominciata la rivolta militare. “Ha detto Mike Pompeo che Maduro aveva un aereo pronto per andarsene a Cuba, per fuggire, e che i russi lo hanno fatto scendere, proibendogli di lasciare il Paese. Signor Pompeo, per favore, che mancanza di serietà”, ha detto il leader venezuelano in un video. L’ennesima controprova che conferma come a Caracas il vero contrasto in corso sia quello tra Usa e Russia.

Segretario Difesa Usa annulla viaggio in Europa – E infatti il segretario alla Difesa ad interim degli Stati Uniti, Patrick Shanahan, ha cancellato un viaggio in Europa per restare a Washington durante la crisi. Lo ha fatto sapere il Pentagono, sottolineando che Shanahan resterà a Washington per “coordinarsi più efficacemente con l’Nsa e il dipartimento di Stato sul Venezuela e per continuare il coordinamento con il dipartimento della Sicurezza interna sul sostegno al confine sudoccidentale”. Insomma il golpe di Guaidò è fallito ma la questione venezuelana va avanti.

Guaidò va avanti. Intelligence Brasile: “Ha sbagliato” – Lo stesso autoproclamato presidente ha detto che le proteste continueranno “con più forza che mai”. “Oggi continuiamo. Andiamo avanti con più forza che mai, Venezuela”, ha scritto su Twitter Guaidò, condividendo le informazioni sui 15 principali punti di concentrazione delle proteste che si terranno oggi a Caracas. L’impressione, però, è che il sedicente presidente abbia perso un’occasione importante. E ha ricevuto le critiche di alcuni militari e diplomatici brasiliani. “Già dal mattino abbiamo cominciato a monitorare la situazione e ci sembrava che Guaidò contasse su un appoggio significativo, ma a misura che passavano le ore abbiamo capito che era minore di quanto pensassimo”, ha confidato una fonte militare qualificata al portale news Uol, legato al quotidiano Folha de Sao Paulo. La stessa fonte anonima ha aggiunto che l’appoggio militare a Guaidò “è risultato insufficiente per ottenere il risultato desiderato”. D’altra parte, una fonte diplomatica, anch’essa anonima, ha sottolineato che la situazione in Venezuela “resta ancora molto instabile, e le informazioni che ci giungono da Caracas sono contraddittorie”. Ma anche così “la nostra impressione è che c’è stata una certa precipitazione” da parte di Guaidò. Precipitazione che potrebbe essergli fatale.

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