Caso Siri? Va distinto nettamente il piano politico da quello giudiziario, che a mio avviso è ancora molto fumoso e frastagliato. Ci sono terze persone che parlano di lui, ma finché non si leggono le carte, bisogna stare fermi. Qui, in realtà, il problema non è affatto giudiziario, ma è tutto politico“. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, dall’ex magistrato Antonio Di Pietro, che spiega: “Io sono uno dei pochi che può rivendicare la necessità che Siri si dimetta per motivi di opportunità politica, perché io ho applicato questo principio a me stesso. Facevo il ministro sotto il governo Prodi e mi hanno mandato un avviso di garanzia chiaramente ingiusto, tant’è che alla fine, non solo sono stato prosciolto ma sono stati condannati tutti coloro che mi avevano diffamato e calunniato. E mi hanno anche risarcito. Io però mi sono dimesso, perché, essendo io un soggetto pubblico e dovendo il governo pensare al Paese, l’esecutivo non poteva perdere tempo dietro ai miei fatti privati“.

L’ex leader dell’Idv aggiunge: “Io ho sentito la responsabilità di dimettermi e di farmi giudicare dal giudice. Certo, per me era facile, visto che ero innocente. Siri invece ha fatto un’altra scelta e ha detto: ‘Se è vero che una persona è innocente fino a prova contraria, lasciatemi lavorare’. Il problema di fondo è che ora l’Italia sta tutto il giorno a parlare di questa sua vicenda personale che, al di là del dolore personale che può dare all’interessato, non può costringere tutto il Paese a stare appresso a questa ruota che gira. Ci sono tanti problemi da risolvere“.

Monito di Di Pietro al M5s: “Siri non doveva neanche essere messo lì, perché è comunque un bancarottiere. Ma di questo la responsabilità è anche dei 5 Stelle, che hanno chiuso gli occhi e hanno fatto finta di non vedere. C’è una responsabilità penale che sarà accertata dal giudice e ripeto che è tutto confuso, perché qui ci sono terze persone che parlano di Siri. Sul piano penale è tutto da valutare. Sul piano politico, invece, avere rapporti con personaggi legati a un certo ambiente malavitoso implica la necessità di fare dei passi indietro per far lavorare il governo. Poi Siri chiarirà la sua posizione a livello giudiziario”.

L’ex magistrato chiosa: “Io l’ho vissuto sulla mia pelle: lasciare un incarico, sapendo di essere innocente, è una tragedia, dà una sofferenza incredibile. Ma il problema di fondo è: interesse pubblico o interesse del singolo? Io ci ho sofferto molto. Mi sono dovuto dimettere da magistrato e da ministro, perché sono stato accusato ingiustamente. Ma mi sono potuto difendere meglio da libero cittadino. Non sarebbe stato possibile lo stesso, se fossi stato sotto la lente di ingrandimento con la pistola puntata alla tempia, mentre mantenevo quel ruolo pubblico. Dopodiché, c’è una sofferenza immane che non ti ripagherà nessuno. Io sono rimasto magistrato nel cuore e mi amareggia terribilmente non esserlo più. Ma questo è un mio dolore, non posso arrecare questo mio dolore anche alla collettività e tenerla bloccata”.

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