Da Siri ad Arata. Il Movimento 5 Stelle raddoppia. Dopo aver chiesto le dimissioni del sottosegretario leghista indagato per corruzione e in attesa della decisione del premier Giuseppe Conte sulla sua posizione (lunedì 29 vertice decisivo a Palazzo Chigi), ora l’obiettivo è diventato l’ex parlamentare siciliano che, per gli inquirenti, è legato a doppio filo all’imprenditore Vito Nicastri, considerato suo socio occulto e, soprattutto, arrestato con l’accusa di aver finanziato e protetto la latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Lo dice Di Maio, lo ripetono fonti interne al Movimento: l’obiettivo è chiedere alla Lega di chiarire i rapporti esistenti tra Arata e il Carroccio. Un salto di qualità nella tensione tra alleati, perché parlare di Arata significa arrivare a parlare anche di Giorgetti, il numero due del partito, ‘colpevole’ di aver assunto uno dei figli di Arata a Palazzo Chigi. A sorpresa, a sottolineare questo link è stato anche l’ex segretario leghista Roberto Maroni, che in un’intervista a La Stampa fa un ragionamento semplice: “Se Arata padre era il male assoluto – ha rimarcato – perché avrebbe avuto rapporti con la mafia, almeno stando alle accuse della Procura, e il figlio era suo complice, allora l’assunzione da parte di Giancarlo Giorgetti del figlio ‘del male assoluto’ (ma si tratta di un altro figlio di Arata, non di quello indagato insieme al padre, ndr) potrebbe essere devastante. E però non se ne parla…”. Perché? “Perché Di Maio – a sentire Maroni – sa bene che parlare di Siri è una cosa ma parlare di Giorgetti metterebbe davvero a rischio il governo”.

La Lega continua a difendere Siri
Salvini e il Carroccio, nel frattempo, non mollano il colpo e proseguono nella difesa del sottosegretario Siri. “Il presidente del Consiglio è libero di incontrare chi vuole. Io con Siri ho parlato, mi ha detto di essere tranquillo e tanto mi basta. Per me deve restare al suo posto” ha ribadito Matteo Salvini. Che poi, dopo aver ricordato di aver incontrato Arata una sola volta, è tornato sul caso Siri: “Spero abbia modo di spiegare ai magistrati, che in un Paese normale lo avrebbero chiamato dopo un quarto d’ora, non settimane dopo”. Più tecnica, ma anche più dura, la valutazione del ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio: “Se venisse fatto un decreto per rimuovere Siri senza l’accordo della forza politica che lo ha espresso la cosa sarebbe molto grave, verrebbe meno la fiducia nei confronti del presidente del Consiglio che decide senza interpellare uno dei due contraenti – ha detto il leghista a 24 Mattino su Radio 24 – Conte non arriva da Marte ma è stato scelto da Lega e M5S Stelle. Noi siamo un alleato fedele ma non stupido, prima di prendere una decisione del genere Conte dovrebbe almeno sentire Salvini”. Un concetto poi ribadito sempre da Centinaio a Firenze, a margine di un incontro con i rappresentanti delle categorie economiche: “Su Siri stiamo facendo un ragionamento che è di alleanza di governo – ha detto – I contraenti, visto che stiamo parlando di un contratto di governo, sono due: Lega e M5S. Se il Movimento 5 Stelle va per la sua strada vuol dire che mancano i presupposti per andare avanti – ha sottolineato il ministro – Di conseguenza ritengo che qualsiasi operazione su Siri, ma su qualsiasi altro membro di governo a cui dovesse succedere una cosa del genere, speriamo di no, dovrebbe essere almeno concordata fra i due leader, Matteo Salvini e Luigi Di Maio: se così non fosse ci sarebbe un problema“.

Di Maio: “Salvini spieghi il ruolo di Arata”
Se questo è il presupposto, assumono ancora più peso le parole di Luigi Di Maio al Corriere della Sera. Il vicepremier parte da Siri per arrivare ad Arata, quasi a far intendere che se la prima pratica è da considerarsi chiusa, la seconda è tutta ancora da valutare. “Questo attaccamento alla poltrona non lo capisco – ha detto Di Maio – A Siri abbiamo chiesto un passo indietro. Continui a fare il senatore, non va mica per strada. Parliamo tanto di lotta ai delinquenti e quando un politico è indagato per corruzione stiamo zitti? Non funziona così – ha sottolineato il capo politico del M5s – Certo che Conte dovrebbe spingerlo alle dimissioni. E lo farà, ne sono sicuro”. Con un decreto? “Deciderà lui come”. Poi il discorso si sposta. “Di Salvini mi fido, meno di chi gli sta vicino” ha detto Di Maio, riferendosi a “questo Paolo Arata che avrebbe scritto il programma sull’energia della Lega, che lo propose alla guida dell’Autorità Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ndr) e che, per le inchieste, è il faccendiere di Vito Nicastri, vicino alla mafia. Credo che la Lega debba prendere le distanze da lui e chiarire il suo ruolo, visto che il figlio è stato assunto da Giorgetti“.

Il Movimento: “Perché Salvini ha proposto Arata ai vertici di Arera?”
Giorgetti, appunto. Di Maio ha continuato ad assicurare sulla tenuta del governo (“C’è un contratto. Non si è rotto nulla, per noi va avanti”), ma intanto i chiarimenti su Arata fanno già parte dell’agenda politica, come confermato dalle dichiarazioni di altri esponenti del Movimento. Che pongono domande e pretendono risposte: “Salvini ha detto di non conoscere Arata e di averlo visto una sola volta nella vita, allora perché lo propose ai vertici di Arera? Perché gli lascio redigere il programma energetico della Lega? Perché condivise sul suo profilo ufficiale Twitter le proposte di Arata considerandolo un uomo della sua squadra? Perché si avvalse dell’intermediazione del figlio Francesco per incontrare Steve Bannon? E perché l’altro figlio di Arata, Federico, recentemente è stato assunto da Giorgetti a Palazzo Chigi? Qualcosa non torna, non capiamo quali siano i reali rapporti tra Arata, Salvini e la Lega”: è quanto si legge in alcuni lanci di agenzia, con parole attribuite a imprecisate fonti M5s. Chi ci mette la faccia è Manlio Di Stefano, sottosegretario M5S agli Affari esteri. Il contenuto è identico: “Paolo Arata, l’imprenditore vicino a Nicastri (quest’ultimo considerato il finanziatore del boss Matteo Messina Denaro) era stato proposto da Salvini come possibile presidente di uno dei più importanti enti del panorama energetico italiano, cioè Arera – ha sottolineato Di Stefano – Come mai Salvini propose proprio Arata? E Salvini come fa a dire di non conoscere bene Arata se lo ha proposto ai vertici di Arera, ha condiviso foto di Arata sui social, lo ha invitato in un convegno della Lega? Senza dimenticarci poi un altro piccolo dettaglio: Arata ha redatto il programma energetico della Lega“. Nella nota ufficiale, poi Di Stefano ha detto anche altro: “Salvini ha il dovere di chiarire immediatamente e di spazzare via qualsiasi ombra su questa inchiesta. Non può rimanere in silenzio in eterno difendendo ad oltranza la posizione di Siri nonostante ci sia di mezzo una indagine per corruzione dove emergono anche legami con il mondo mafioso”.

Maroni: “Il vero problema non è Siri, ma Giorgetti”
Su tutta la vicenda, una lettura interessante e per certi versi inaspettata è quella dell’ex segretario leghista Roberto Maroni. Come detto, l’ex governatore della Lombardia ha concesso un’intervista alla Stampa: “Se fossi in Matteo Salvini, il sottosegretario Armando Siri non lo farei certo dimettere, perché sarebbe come far prevalere il principio di colpevolezza su quello di innocenza e alla fine ancora una volta sulla politica vincerebbe la logica delle procure” ha detto Maroni, secondo cui “il futuro del governo c’entra poco con questa storia: sia che Siri rimanga o si dimetta – ha sottolineato Maroni – il governo non subirà veri contraccolpi perché, con tutto il rispetto, non è che la figura di Siri sia così fondamentale”. La “vera crisi”, a sentire Maroni, potrebbe arrivare “dal caso dell’assunzione del figlio di Paolo Arata da parte del sottosegretario Giorgetti“. “Se Arata padre era il male assoluto – ha fatto notare l’ex segretario leghista – perché avrebbe avuto rapporti con la mafia, almeno stando alle accuse della Procura, e il figlio era suo complice, allora l’assunzione da parte di Giancarlo Giorgetti del figlio ‘del male assoluto’ potrebbe essere devastante. E però non se ne parla…”. Perché? “Perché Di Maio – secondo Maroni – sa bene che parlare di Siri è una cosa ma parlare di Giorgetti metterebbe davvero a rischio il governo. Detto questo – ha concluso Maroni – secondo me Siri non deve dimettersi e Giorgetti non deve dare spiegazioni e conoscendo bene entrambi metterei la mano sul fuoco sulla loro onestà. Ma, ripeto, il vero problema non è Siri, ma Giorgetti…”.

La replica di Giorgetti: “Problema non sono io. Federico Arata? Tutte le carte in regola”
Non si è fatta attendere la replica del sottosegretario alla Presidenza del consiglio: “Maroni sta semplicemente cercando di rientrare in gioco – ha detto – Non credo proprio di essere un problema per il governo. Anzi io lavoro tutti i giorni per questo governo e credo di risolverli, i problemi”. Giorgetti ha poi parlato delle eventuali dimissioni di Armando Siri: “Per adesso gli hanno fatto un processo sui giornali e lui non ha ancora potuto difendersi. Se Conte gli chiede di dimettersi? Conte è un professore e un avvocato, vedrà le carte e capirà”. Il sottosegretario ha poi parlato anche della questione di Arata: “Fino a tre settimane fa qualcuno sapeva della famiglia Arata? No, e nemmeno io… Federico Arata ha tutte le carte in regola per far parte del mio staff, tra l’altro è finito nel tritacarne prima ancora di aver cominciato a lavorare“. Per Giorgetti “in ogni caso prima di prendere qualsiasi decisione, parleremo tra noi”.

 

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