di Andrea Taffi

Siamo alla vigilia del 25 aprile, una data fondamentale della nostra giovane Repubblica, perché è quella della liberazione completa dell’Italia dall’invasore nazista (già alleato) e dai residui del fascismo della Repubblica di Salò. Per ciò che rappresenta, il 25 aprile dovrebbe essere visto da un unico angolo visuale, a prescindere da come la si pensi. La liberazione da un oppressore è un dato oggettivo e, quindi, sempre una cosa positiva e da ricordare, al netto della visione politica di chi (oggi) rappresenta l’oppresso di allora. E invece (lo sappiamo bene) non è mai stato così.

A parte i vari tentativi di revisionismo storico, che tendono a valutare le ragioni e l’onestà intellettuale dei repubblichini, le varie forze politiche hanno sempre visto il 25 aprile dal loro punto di vista, valutando la ricorrenza o come festa “di sinistra” e caricandola, quindi, di una retorica della quale si poteva (e si doveva) fare a meno, oppure, proprio per via della inappropriata attribuzione di sinistra, la festa della liberazione è stata snobbata, dimenticata, persino dichiaratamente osteggiata.

A questa valutazione soggettiva e politicizzata di una ricorrenza istituzionale, sembra non fare eccezione il governo giallo-verde, quello autodefinitosi “del cambiamento”, ma che ancora una volta dimostra di avere cambiato poco o nulla. Ecco, allora, che mentre Luigi di Maio dichiara di onorare il 25 aprile, non solo per mero dovere istituzionale, ma anche (così è sembrato a me) per convinzione e sentimento, il suo alleato e collega di governo, Matteo Salvini, afferma (non senza la solita ostentazione) che l’unica liberazione da festeggiare è quella dalla mafia, una liberazione che (ahimè) appare ben lungi dal realizzarsi. Per questo non starà a Roma, per le solite e inutili (secondo lui) celebrazioni di facciata, ma si recherà a Corleone, nella trincea dove lo Stato che lui, Salvini, rappresenta combatte la mafia solo a parole.

Sarebbe stupendo poter festeggiare un giorno la liberazione dalla mafia, da tutte le mafie, che infestano l’Italia, dal sud al nord. Ma non si capisce (almeno non lo capisco io) perché questo auspicabile risultato debba passare attraverso il disprezzo per il 25 aprile, che non è certo una semplice festa, ma un simbolo, una elemento caratterizzante la nostra Repubblica, perché è da quella liberazione e dalle forze che la consentirono che è nata la nostra Costituzione.

In questi ultimi tempi, il Movimento 5 stelle e la Lega sembrano voler litigare su tutto. Probabilmente si tratta di litigi (a favore di telecamere) puramente finalizzati alla campagna elettorale. Pur non essendolo, potrei anche essere d’accordo (astrattamente) su questo modo di fare tipico, non solo di Lega e Movimento 5 stelle, ma di tutta la politica nazionale. Ma rifuggo con forza e (mi sia permesso) anche con un certo sdegno dalla strumentalizzazione del 25 aprile: festeggiamolo, ignoriamolo, ma, per favore, non manipoliamolo. Ne va della nostra dignità di italiani.

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