Erano il motore della misura più rivoluzionaria del governo giallo-verde. Ma a pochi giorni dalle prime erogazioni, i sistemi informativi legati al reddito di cittadinanza sono ancora un nervo scoperto e addensano più nubi che certezze. Tali – scrivono le regioni in un documento che il fattoquotidiano.it pubblica in esclusiva  (scarica) -, che “in assenza delle necessarie infrastrutture di servizio, non può essere garantita la piena operatività dei servizi connessi alle politiche attive per i beneficiari del reddito”. A partire dall’effettiva possibilità che i centri per l’impiego possano convocare a 30 giorni i beneficiari per firmare il “patto per il lavoro” che dà il via ai servizi di ricollocamento. Questo dice il verbale conclusivo uscito dalla riunione tecnica che si è svolta ieri presso il Dipartimento degli Affari regionali propedeutico al via libera al “Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro” atteso per mercoledì prossimo. I comunicati ufficiali parlano di un “passo avanti importante”, l’estrema sintesi sembra un’altra.

Ne esce un testo tecnico zeppo di paletti, tra i quali il fatto che gli attori sono i centri per l’impiego, mentre i “navigator” vengono ricondotti al loro ruolo più propriamente di “assistenza tecnica”. Viene specificato poi che prima di qualunque intervento, anche a regia nazionale con ricadute regionali, è necessaria la sottoscrizione delle convenzioni bilaterali con ciascuna Regione che potrà scegliere quali azioni del Piano utilizzare e con quali modalità. Il passaggio delicatissimo, anche politicamente, arriva alla fine, e riguarda i sistemi informativi necessari a garantire l’operatività delle politiche attive, il contraltare politico chiesto dalla Lega ai Cinque Stelle per dare il disco verde a tutta l’operazione reddito (la cosiddetta “norma antidivano”). Quel punto di mediazione, di fatto, sta saltando.

In una ventina di righe, l’alert al governo. “In assenza delle necessarie infrastrutture di servizio, non può essere garantita la piena operatività dei servizi connessi alle politiche attive per i beneficiari del reddito, stante quanto previsto all’art. 4, comma 5bis del DL. N.4/2019 (cioè il decreto su Reddito e Quota 100, ndr), secondo cui è la piattaforma digitale, di cui all’articolo 6, comma 2, a rendere noti ai centri per l’impiego i beneficiari del RdC, affinché siano convocati entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio”. E ancora due righe che spazzano via l’ipotesi di una adozione con semplice adattamento di “Mississipy Workers”: “Appare, dunque, fondamentale che l’implementazione delle infrastrutture tecnologiche avvenga in coerenza con i sistemi informativi regionali e il SIU, assicurando l’interoperabilità e il dialogo delle banche dati in cooperazione applicativa”. Tradotto: il mondo dei servizi per l’impiego fa riferimento alle regioni, mentre quello per il reddito è legato ad Anpal su base nazionale. Le Regioni chiedono che tutto faccia capo a un’unica banca-dati. E dunque? “Il Ministero, le Regioni, l’Anpal si adopereranno per stabilire una tempistica sostenibile ai fini dell’eventuale adeguamento dei sistemi informativi regionali”.

Si legge così,  in controluce, lo sbarramento al famoso “case management”, il software che Luigi Di Maio avrebbe voluto “importare” direttamente dal Mississippi insieme a Domenico Parisi, che l’ha costruito stando al timone di un piccolo centro di ricerca dell’università locale e oggi presidente dell’Anpal, l’agenzia per il lavoro al centro dell’ “operazione reddito”. Questa opzione è resa impossibile dalla necessità di una gara pubblica e dal rischio di un palese conflitto di interessi segnalato, tra gli altri, da Report e da Linkiesta. Si è provato a bypassare il problema inserendo nello “sblocca cantieri” una modifica al reddito di cittadinanza che avrebbe facilitato per Anpal la scelta senza gara. Il niet delle regioni sembra togliere ogni copertura a questa via.

Da Anpal non commentano, limitandosi a dichiarare che “la trattativa con le regioni è ancora in corso e si chiuderà formalmente solo mercoledì prossimo. Quello è un documento non pubblico che fa parte di un confronto che ha avuto un passo avanti con l’intesa tecnica ma nel rispetto del ministero e degli Enti Anpal non può commentare né entrare nel merito”. Il testo firmato ieri offre una via d’uscita temporanea che suona beffarda alle orecchie dei Cinque Stelle. “Nelle more della sottoscrizione dell’intesa (quella che porterà a implementare le infrastrutture tecnologiche, ndr) i Centri per l’impiego effettueranno nei confronti dei beneficiari di RdC, un Patto di servizio secondo gli standard in vigore ai sensi del D. Lgs 1050/2015, che vale ed assolve alle disposizioni di cui all’art 4, comma 5 e 5bis del Dl4/2019”. Significa che si lavorerà al fascicolo elettronico del lavoratore (niente compilazioni cartacee ma anagrafica digitale) secondo le modalità individuate dall’odiato Jobs Act di Renzi. A riprova che nessuna vera innovazione sul fronte della digitalizzazione investirà a breve i centri per l’impiego e la pubblica amministrazione, nonostante Di Maio stesso avesse parlato di big data e blockchain come alternativa ai servizi a sportello.

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