Mancano ancora molti mesi, ma in Emilia-Romagna il clima comincia a scaldarsi in vista delle Regionali che si terranno tra il 27 ottobre e il 26 gennaio 2020. La Regione che in passato fu tra le più rosse d’Italia, per la prima volta, è seriamente contendibile e il candidato del Pd potrebbe non diventare governatore. A provarci, con un mandato bis, è Stefano Bonaccini, già uomo di punta di Matteo Renzi e ora sostenitore del neo segretario Nicola Zingaretti. Bonaccini, però, ha sempre declinato il renzismo in “salsa emiliano-romagnola”, corretto da quelle che sono esigenze inderogabili per il popolo delle feste dell’Unità: l’apertura al centrosinistra – il Pd governa con Mdp e Si – e il costante confronto con i sindacati, concretizzato nel Patto per il Lavoro. La vittoria di Zingaretti, aperto a un riabbraccio con i partiti a sinistra del Pd, faciliterà ancora di più l’alleanza con i vecchi compagni. “Noi dobbiamo, con grande umiltà, riconnetterci al nostro popolo” spiega Emma Petitti, assessore al Bilancio e zingarettiana. “La Regione, per la prima volta, appare contendibile, non dobbiamo escludere pezzi di sinistra. Zingaretti parla al popolo di sinistra abbandonato, ai molti che non hanno votato o hanno preferito il M5s”. “La nostra giunta – rivendica – ha concertato ogni decisione con sindacati, sindaci e associazioni e abbiamo tenuto insieme il popolo della sinistra”.

E proprio a queste peculiarità il Pd proverà ad aggrapparsi per giocarsi la partita contro l’ondata verde della Lega: un compito titanico visto che in Regione, alle ultime politiche, il centrodestra ha preso il 33,06%, contro il 30,79% del centrosinistra. L’altra chance del Pd arriva dagli alleati. Da tempo si parla di una coalizione in cui figurerà, oltre alla sinistra, anche Italia in Comune, la formazione del sindaco di Parma, l’ex M5s Federico Pizzarotti, che potrebbe addirittura candidarsi a presidente della Regione. Un’eventualità che, se all’inizio ha escluso, ora non respinge più in modo categorico. “Valuterò seriamente quale sarà lo scenario a giugno” ha spiegato, quindi dopo le Europee e le amministrative, che vedranno andare al voto città importanti come Reggio Emilia, Modena e Ferrara. Pizzarotti attende, con ogni probabilità, di vedere i risultati del Pd, per capire che richieste mettere sul piatto di un’alleanza. Non più tardi del 26 marzo, del resto, Pizzarotti e Bonaccini hanno partecipato, insieme, a un incontro sul civismo. “Dobbiamo porre un argine e fermare Salvini in Emilia-Romagna” ha annunciato il sindaco di Parma e il presidente della Regione ha aperto all’alleanza con Italia in Comune sottolineando, a sua volta: “Se vogliamo arginare il vero avversario, il centrodestra a guida leghista, si deve immaginare un centrosinistra molto largo”, con spazio anche per un “civismo di proposta e di governo”.

Una coalizione con Italia in Comune è caldeggiata anche dai dirigenti Pd. “Dobbiamo essere aperti ai movimenti civici – commenta Pettiti -. Parte civica e sinistra devono essere al centro della proposta politica per parlare alle persone”. “Il Pd in Emilia-Romagna ha lavorato molto bene ma c’è ancora da fare, perché il quadro nazionale non è facile – spiega la deputata martiniana Giuditta Pini – . La regione è contendibile, ma c’è la possibilità di farcela. C’è molta preoccupazione in giro, e giustamente, perché le ultime Politiche hanno dimostrato che l’Emilia-Romagna non si può più dare per scontata”. “Le coalizioni ovviamente si faranno – dice -, più si riesce ad allargare il dibattito meglio è, altrimenti rischiamo di avere brutte sorprese, perché da soli non bastiamo”. Opinione condivisa dal renzianissimo deputato Gianluca Benamati: “Dobbiamo aprirci ai movimenti civici. Italia in Comune è un’esperienza che nasce dall’amministrazione del territorio e quindi ci può essere un confronto interessante”. Ma le incognite sul tavolo sono tante.

A partire dal fattore Renzi. L’ex premier, dopo la vittoria di Zingaretti, ha mostrato intenzioni ‘pacifiche’ ma, nei corridoi romani del Pd, si dice che l’ex segretario stia solo alla finestra, aspettando di vedere che corso imprimerà Zingaretti al partito, prima di decidere se andare via sbattendo la porta. Alcuni esponenti dem emiliano-romagnoli pensano ancora a un piano B da mettere in pratica, se ciò accadesse: un soldalizio tra il nuovo eventuale partito di Renzi e il Pd, come quello tra Ds e Margherita del passato, che porti alla vittoria alle Regionali. “Per me è un’ipotesi folle – commenta Pini – non esiste che ognuno si faccia il partito a lui più confacente. E’ la dimostrazione che c’è un pezzo del Pd che è molto confuso: guarda all’interno e non all’esterno”. Ciò che è certo è che il popolo dem è in ansia, anche se un’ondata di ottimismo è arrivata con le primarie. In Emilia-Romagna hanno partecipato oltre 185.000 persone e, pur di contrastare il governo giallo-verde, anche militanti della sinistra e persone che, alle ultime Regionali, si erano astenute o avevano abbandonato il Pd . “La politica ci sta dimostrando che le cose cambiano con grande celerità, quando arriveremo alle Regionali magari ci sarà un quadro migliore – sottolinea Benamati -. Il campanello d’allarme delle ultime politiche, però, quando siamo andati a votare in solitaria e c’è stata un’affluenza molto bassa, ci deve far riflettere. Ci vuole anche un supplemento di sforzo nel dare visibilità all’ottimo lavoro della giunta dell’Emilia-Romagna che ha anche il vantaggio di avere un profilo politico più ampio. L’Emilia-Romagna è diventata una delle locomotive d’Italia: è una realtà”.

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