Prosegue la partnership de Il Fatto Quotidiano con il quotidiano francese Mediapart. Ogni lunedì un’ampia inchiesta proposta dal giornale fondato da Edwy Plenel e tradotta per i nostri lettori.

1 aprile: Algeria, come una nuova indipendenza
L’attenzione è tutta per la capitale, Algeri,  ma in Cabilia,  storicamente la terra di grandi resistenze, molti hanno la sensazione che in Algeria si stia scrivendo la storia. Da Mediapart di questa settimana, lunedì sul Fatto in edicola, un reportage dell’incontro con gli abitanti di Tizi Ouzou, un centinaio di chilometri a est di Algeri, dove tutti sono convinti che “niente sarà più come prima”. Qui la rivolta della “primavera nera” del 2001, repressa dal potere, ha lasciato numerose tracce. La maggior parte degli intellettuali che ci accolgono sono nati sul finire della guerra d’Algeria. Ci ritroviamo con loro intorno a un vecchio tavolo di fòrmica.
Dal 22 febbraio, cioè dal giorno in cui sono iniziati i cortei contro il quinto mandato di Bouteflika, il ritmo dei loro incontri si è accelerato. “Come dice Chomsky, spiega uno di loro, l’importante è creare il consenso. Il consenso va praticato. Fare opinione, creare opinione è molto complicato in Algeria. Ma sono fiducioso. Perché? Perché gli algerini sono come dei maratoneti. La storia della resistenza degli algerini è epica, risale a tremila anni fa. Se siamo fiduciosi è perché noi algerini non restiamo mai senza fiato, come i maratoneti”. E poi le donne. Mai come adesso sono state così in prima linea. Già nel momento della guerra di liberazione nazionale, e in particolare durante i periodi più difficili delle violenze tra il Fln (Fronte di Liberazione nazionale) e l’esercito francese, il loro ruolo era stato cruciale: sono loro oggi il punto forte della rivolta pacifica che sta scuotendo ogni parte dell’Algeria.

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