Chi acquista beni materiali o servizi digitali, presso negozi virtuali o fisici, presto beneficerà di maggiori tutele. Merito di due nuove norme approvate ieri dal Parlamento UE che, seguendo l’iter legislativo, entreranno in vigore al più tardi fra due anni e mezzo. Nella sostanza, i parlamentari hanno riconosciuto ai consumatori comunitari maggiori diritti contrattuali. Nel caso di beni fisici, gli acquirenti avranno due anni di tempo per chiedere la sostituzione o la riparazione di un prodotto difettoso, e l’onere della prova sarà a carico del venditore. Se i beni sono digitali il tempo si riduce a un anno, ma se si è sottoscritto un contratto per la fornitura di servizi, l’onere della prova resterà a carico del venditore per tutta la durata del contratto stesso.

Le nuove norme sanciscono anche l’obbligatorietà di aggiornamenti software per i beni digitali che ne fanno uso. Significa che chi ha acquistato, ad esempio, uno smartphone non potrà più essere abbandonato a sé stesso e obbligato a fare uso di un software obsoleto.

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I cambiamenti rispetto allo stato attuale delle cose sono notevoli. Per capirlo basta l’esempio formulato dallo stesso Parlamento UE: “attualmente, se un consumatore scopre che un prodotto che ha acquistato più di sei mesi fa è difettoso e chiede al commerciante di ripararlo o sostituirlo” può dover dimostrare che il difetto esisteva già al momento della consegna. Secondo le nuove regole, nel corso di un periodo di uno (app, software e servizi) o due anni (beni), il consumatore può chiedere un rimedio, senza dover dimostrare nulla.

Non solo: sarà il consumatore a scegliere se ottenere una riparazione o una sostituzione del prodotto, a titolo gratuito. Se poi la riparazione o sostituzione non avverrà in un ragionevole lasso di tempo, il venditore dovrà riconoscere al cliente uno sconto o – nei casi più gravi – la risoluzione del contratto e la restituzione del denaro.

Nel caso di dispositivi smart o con elementi digitali, come per esempio i televisori o gli smartphone, ci sarà anche l’obbligo di fornire aggiornamenti software per “un periodo di tempo che il consumatore può ragionevolmente attendersi”, in base al tipo e alla destinazione dei beni e agli elementi digitali. La dicitura è vaga, bisognerà vedere nell’applicazione pratica quali termini saranno stabiliti. Nel caso dell’acquisto di uno smartphone, per esempio, sarebbe lecito attendersi aggiornamenti del sistema operativo per uno, due o cinque anni?

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Le nuove normative tengono conto che di una grossa fetta di acquisti, quella dei beni digitali. Includono musica, servizi in streaming, libri, app, spazio di archiviazione cloud e altro. Il testo stabilisce che in caso di difetti (ad esempio un’app che non funziona), qualora non fosse possibile risolvere il problema in un lasso di tempo ragionevole, “il consumatore avrà diritto a una riduzione di prezzo o a un rimborso integrale entro 14 giorni“. Per i beni una tantum valgono le stesse “regole” di quelli materiali, per i servizi in abbonamento non c’è limite di tempo. In quest’ultimo caso, se il fornitore del servizio applicherà modifiche dovrà comunicarle all’utente e dargli la possibilità di recedere dal contratto entro 30 giorni.

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