Per la prima volta ha ammesso i quattro omicidi per cui è stato condannato. Dopo quasi 40 anni di latitanza e a due mesi dall’arresto in Bolivia, Cesare Battisti si è riconosciuto colpevole. Lo ha fatto durante il fine settimana, interrogato dal procuratore aggiunto di Milano, Alberto Nobili, nel carcere di Oristano, dove è recluso. “È stata una guerra giusta, ma ora chiedo scusa alle vittime”, ha detto l’ex l’ex terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo. “Io allora ci credevo come tanti altri“, ha aggiunto l’ex estremista per spiegare di aver fatto parte negli anni ’70 di quella “guerra civile e insurrezione armata contro lo Stato”.  “L’ammissione di Battisti fa giustizia di tante polemiche che ci sono state in questi anni, rende onore alle forze dell’ordine e alla magistratura di Milano e fa chiarezza su un gruppo, i Pac, che ha agito dalla fine degli anni ’70 in modo efferato”, ha detto il procuratore capo Francesco Greco, che ha reso nota l’ammissione fatta dall’ex terrorista. “Non si parla di collaborazione con la giustizia – ha precisato Greco – ma semplicemente di importantissime ammissioni, da parte di una persona che ha barato per 37 anni”.

“Non accuserò nessuno ma le sentenze sono vere” – “Ha ammesso tutti gli addebiti, ossia i quattro omicidi, tra cui due di cui è stato esecutore“, ha spiegato il capo degli inquirenti lombardi. “È un riconoscimento importantissimo al lavoro dei magistrati, una sorta di onore delle armi per chi lo ha inquisito”, ha commentato l’aggiunto Nobili, responsabile del pool antiterrorismo della procura di Milano. E in effetti quella di Battisti è praticamente una confessione, seppur senza alcun pentimento. E senza alcuna accusa a terzi. “Io parlo delle mie responsabilità, non farò i nomi di nessuno“, ha spiegato al pm l’ex primula rossa, ammettendo quelle che è stato ricostruito nelle sentenze definitive sui Pac – e cioè “i quattro omicidi, i tre ferimenti e una marea di rapine e furti per autofinanziamento, corrisponde al vero“.

“Nessuna copertura durante la latitanza” – Battisti non si è pentito ma ha ammesso di aver provocato dolore, chiedendo scusa ai parenti delle persone assassinate. “Mi rendo conto del male che ho fatto e mi viene da chiedere scusa ai familiari delle vittime“, è un altro passaggio delle dichiarazioni rese al pm Nobili, che spiega come il terrorista provi “un forte imbarazzo e si è reso conto di aver contribuito a creare un’immagine di se assolutamente negativa per il suo modo beffardo con cui si è proposto nelle interviste”. Ricercato per 37 anni, il latitante ha anche sostenuto di non aver avuto “alcuna copertura occulta”. “Battisti – ha spiegato Nobili –  si è avvalso delle sue dichiarazioni di innocenza per avere aiuti da organizzazioni di estrema sinistra sia in Francia, Messico e Brasile, e dello stesso Lula. In tutti questi anni ha anche lavorato parecchio, ha scritto quattro libri e molto articoli e in Francia ha lavorato per una tv”. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, però, è tornato ad attaccare chi avrebbe coperto la latitanza del terrorista: “Mi aspetto chiedano scusa quegli pseudointellettuali di sinistra che hanno coperto e difeso questo squallido personaggio”.

“Terrorismo ha ucciso il ’68” – Ma non solo. Perché oltre a riconoscere gli omicidi commessi, Battisti si è lasciato andare anche a considerazioni storiche sulle colpe del terrorismo. “Il movimento culturale, politico e sociale che é nato nel ’68 è stato stroncato dalla lotta armata. Gli anni di piombo hanno sepolto la spinta culturale che era nata nel ’68. Abbiamo stroncato il movimento che avrebbe potuto portare l’Italia a livelli di progresso”, ha detto l’ex estremista rosso. Il suo legale, l’avvocato Davide Steccanella, specifica che le sue ammissioni di Battisti non sono state fatte “per i benefici eventuali, la speranza è di restituire un’immagine giusta del mio assistito, che non è quel mostro che può colpire ancora come è stato descritto, ma è una persona che da 40 anni non ha più commesso delitti e ha voluto rivisitare la sua vita e ricostruire un periodo. “Non si è mai considerato un irriducibile, sapeva già negli anni ’80 che la lotta armata era finita”. In ogni caso le ammissioni fatte da Battisti possono incidere – in linea teorica – sul regime detentivo, ossia allontanano per lui il rischio del 41 bis, e sui benefici penitenziari, come i permessi, nel corso della detenzione.

Figlio vittima: “Spero non voglia indulgenza dei giudici” –  L’ammissione da parte di Battisti degli omicidi commessi “è un passo avanti, una conferma della sua colpa“, dice Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio di Santa Maria di Sala ucciso dai Pac il 16 febbraio 1979.  “Spero che non ammetta gli omicidi per altri motivi – aggiunge – magari per ottenere una indulgenza dai giudici che non merita. È giusto che sconti per intero la sua pena .In fondo sono solo pochi mesi che si trova in galera”.  Il figlio del macellaio non nasconde di essere stato preso in contropiede dalle ammissioni fatte da Battisti: “Lo confesso – conclude – non mi aspettavo che ammettesse tutto”. Di segno opposto l’opinione di Maurizio Campagna, fratello di Andrea, altra vittima di Battisti.  “Le scuse adesso mi sembrano fuori luogo – dice a Sky Tg 24 – Ritengo che il suo avvocato lo stia consigliando per avere riduzioni di pena. Non sono scuse veritiere, secondo me, l’unica cosa che pensa di ottenere è avere quelle riduzioni che hanno ottenuto tanti terroristi, compresi i componenti dei Pac. Ha ammesso che all’epoca vedeva una guerra contro queste persone. Se sparare alle spalle a un ragazzo di 24 anni era una guerra. Io ritengo che era pura vigliaccheria, neanche terrorismo. Erano proprio degli omicidi effettuati da killer seriali quale erano Battisti e la sua combriccola. Le scuse, se dovevano essere fatte, dovevano essere fatte molto tempo prima, non ora che è stato portato in Italia”.

Gli omicidi commessi e la carriera di terrorista – Battisti è stato condannato per gli omicidi del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978.  Nato a Cisterna di Latina il 18 dicembre 1954, la sua è una vita segnata da mille peripezie, fughe, colpi di scena. E richieste di estradizione partite da Roma e andate in fumo. Nei primi anni ’70 lascia la scuola. Nel 1972 il primo arresto per una rapina a Frascati e due anni dopo per rapina con sequestro di persona a Sabaudia. Nel ’76 si trasferisce a Milano e partecipa a varie azioni criminali. Viene arrestato di nuovo, sempre per rapina, e rinchiuso nel carcere di Udine dove conosce Arrigo Cavallina, ideologo dei Pac. In questi anni partecipa alle azioni del gruppo eversivo, che gli costeranno un’altra volta la libertà. Nell’ambito del processo per l’omicidio Torregiani viene condannato nel ’79 a 13 anni e 5 mesi: detenuto nel carcere di Frosinone, nel 1981 evade grazie ad un assalto dei terroristi. La giustizia va comunque avanti e nell’85 lo condanna in contumacia all’ergastolo per vari reati legati alla lotta armata e per i quattro omicidi, sentenza confermata dalla Cassazione nel 1991.

La fuga e la latitanza – La fuga, nel frattempo, lo aveva portato prima in Messico, dove rimane circa una decina d’anni, e poi in Francia nel 1990. L’anno successivo parte dall’Italia la prima richiesta di estradizione, ma Parigi dichiara non estradabile Battisti, che nel frattempo Oltralpe ha intrapreso anche una carriera come scrittore di noir. Sono anni in cui la Francia, con lo scudo della ‘dottrina Mitterand’, si mostra molto morbida con terroristi latitanti. La seconda richiesta per estradarlo è nel 2004: Battisti viene arrestato il 10 febbraio a Parigi sempre su richiesta delle autorità italiane. Ma in Francia si scatena una campagna in suo favore sostenuta dagli intellettuali della gauche e il 3 marzo Battisti viene scarcerato. Il 30 giugno successivo dopo l’udienza per l’estradizione, la corte d’appello francese dà il via libera: Battisti ricorre e perde. La cosa sembra fatta, ma il 14 agosto è l’ultima volta in cui lui si presenta a firmare in commissariato, come previsto dalle misure nei suoi confronti, poi si rende irreperibile. Scatta quindi un mandato di arresto. E il 23 ottobre il primo ministro francese firma il decreto di estradizione in assenza del condannato, latitante.

Il Brasile e la fine della latitanza  – Nel frattempo è fuggito in Brasile, dove si sposerà e avrà tre figli: il 18 marzo 2007 viene arrestato a Copacabana con la cooperazione dell’antiterrorismo italiano. Parte la terza richiesta di estradizione. Ma il Brasile gli riconosce lo status di rifugiato politico. E nel novembre 2009 il Supremo Tribunal Federal, pur a favore dell’estradizione, lascia la decisione finale all’allora presidente Lula, che il 31 dicembre 2010, ultimo giorno del suo mandato, annuncia il suo ‘no’. Battisti esce dal carcere. Il 3 marzo di cinque anni dopo una sentenza decreta la sua espulsione dal Brasile per via di una storia di documenti falsi con cui, a suo tempo, era entrato nel paese dalla Francia e riprende quota l’ipotesi di un rientro in Italia. Ma l’espulsione viene annullata e tutto si ferma di nuovo. Fino al tentativo di fuga in Bolivia e al nuovo arresto il 4 ottobre 2017. Parte la macchina dei ricorsi e 3 giorni dopo Battisti è di nuovo in libertà. “Non stavo fuggendo, mandarmi in Italia è illegale, se mi estradano mi consegnano alla morte”, dichiara lui che nel frattempo rilascia interviste. Nel frattempo Jair Bolsonaro, esponente dell’ultradestra viene eletto. E il 13 dicembre Luis Fux, magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf), ordina l’arresto dell’ex terrorista per “pericolo di fuga” in vista proprio della possibile estradizione, concessa nei giorni seguenti dal presidente uscente Temer prima dell’insediamento di Bolsonaro il primo gennaio 2019. Battisti fugge ancora, in Bolivia, fino all’epilogo di ieri per le vie di Santa Cruz de la Sierra.

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