L’arcivescovo di Lione e cardinale Philippe Barbarin, 68 anni, è stato condannato a 6 mesi di prigione con la condizionale per mancata denuncia di abusi sessuali su minori perpetrati negli anni ’70 e ’80 durante i campi scout da padre Bernard Preynat. La sentenza è stata pronunciata dal tribunale di Lione. Nei giorni scorsi Barbarin ha continuato a ripetere di non avere idea di cosa potesse essere giudicato colpevole. Preynat è accusato di aver abusato di un gruppo scout tra il 1986 e il 1996. La sentenza del processo, che si è aperto ai primi di gennaio, era attesissima. Un caso così sentito da aver spinto il regista francese François Ozon a farne un film, Grâce à Dieu presentato all’ultimo Festival di Berlino.  Noto come Primate des Gaules, il Primate dei Galli,  l’alto prelato è tra le personalità ecclesiastiche più importanti e influenti della Francia. L’arcivescovo ricorrerà in appello: “La motivazione del tribunale non mi convince. Contesteremo dunque questa sentenza con tutti i mezzi utili della giustizia“, ha dichiarato il legale dell’alto prelato, Jean-Félix Luciani. La condanna è “una grande vittoria per la tutela dell’infanzia” per  La Parole Libérée, l’associazione francese di vittime da anni in lotta contro i fatti di pedofilia perpetrati negli anni ’70 e ’80 da padre Bernard Preynat nella diocesi di Lione.

Di fatto il porporato, in Francia, incarna pienamente la crisi che la Chiesa sta attraversando con gli scandali di abusi e con gli insabbiamenti. Dopo le audizioni, la procuratrice Charlotte Trabut non aveva formulato accuse precise né contro l’arcivescovo né contro i cinque ex membri della diocesi indagati assieme a lui, garantendo la sua imparzialità. Una posizione difficile da tenere dopo le testimonianze, crude e struggenti, consegnate da alcuni ex scout. Ma la sua posizione era anche in linea con precedenti indagini dei pm che erano state chiuse senza formulazione di accuse per fatti avvenuti prima del 1991.

Supportati dall’associazione di vittime ‘La Parole libéréè, nove uomini hanno prima accusato padre Preynat di averli abusati – fatti per i quali quest’ultimo non è stato processato -, quindi hanno presentato denuncia contro chi avrebbe coperto gli abomini del sacerdote. In assenza di procedimenti giudiziari, nel 2017 hanno fatto richiesta di convocazione diretta davanti al tribunale, che ha garantito loro un processo, bypassando le indagini che si erano chiuse con un nulla di fatto. “Non ho mai cercato di nascondere nulla, tantomeno questi fatti orribili”, si è difeso il prelato 68enne davanti al giudice, spiegando di aver saputo degli abusi di Padre Preynat solo nel 2014, quando una vittima si confidò con lui. Però per l’avvocato di parte civile, Jean Boudot, il cardinale era a conoscenza dei fatti almeno dal 2010, quando parlò con il prete dei rumors che giravano attorno a lui. Sapeva abbastanza, al momento, per denunciarlo? Per l’arcivescovo no, per i suoi accusatori sì e il pubblico ministero era d’accordo con loro. La mancata denuncia di aggressione sessuale sui minori di 15 anni è classificata dal codice penale francese tra i reati di ostruzione alla giustizia, la cui “intenzionalità” nel caso di Barbarin non sembrava stabilita. C’è però uno scambio di lettere avvenuto nel 2015 tra il vescovo e il Vaticano, che gli consigliava di licenziare il prete “evitando lo scandalo pubblico”: istruzioni seguite alla lettera dal cardinale, per sua stessa ammissione. I querelanti avevano dichiarato che dal processo, qualsiasi fosse stato il verdetto, si aspettavano “l’inizio di una nuova era“.

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