Il voto online sul caso Diciotti-Salvini? La piattaforma Rousseau è uno strumento privato di un’associazione privata. E’, appunto, uno strumento, non è la democrazia diretta e non è il M5s. Traslare questo strumento per decisioni governative così importanti, a mio avviso, non è legittimo perché non è una piattaforma pubblica, non ha il controllo di un ente terzo”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta” (Radio Cusano Campus) dalla senatrice M5s, Elena Fattori, che rivela anche tutte le difficoltà incontrate per dare il suo voto sulla piattaforma.

E aggiunge: “Molti mi rinfacciano di essere stata eletta proprio su questa piattaforma, ma non è che, se uno viene eletto coi gazebo, poi ogni decisione deve essere presa ai gazebo. Non funziona così. Peraltro noi, nella storia del M5s, non è che abbiamo avuto sempre Rousseau. Il nostro popolo si è espresso in molti modi. Alle prime elezioni regionali, tutto avveniva per alzata di mano nei garage dove ciascun candidato doveva sottoporsi alla “graticola”, cioè doveva salire su un palco e rispondere a ogni tipo di domanda, anche molto scomoda. E poi si sceglievano i candidati per alzata di mano. Rousseau è una piattaforma relativamente nuova, quindi dire che tutto è nato su Rousseau è una fandonia”.

La senatrice evidenzia alcune note falle della piattaforma: “Non è sicura, fu anche hackerata. Sfiderei chiunque a usare Rousseau per fare delle transazioni finanziarie. Non è uno strumento adatto per prendere decisioni governative, tanto più di interesse nazionale e non di partito. Quindi, quella decisione andava presa in Senato in maniera del tutto indipendente. Proprio su Rousseau avevamo già votato nel nostro programma il no a qualunque tipo di immunità e quella votata è di fatto una immunità. Del resto, la giunta si chiama “giunta delle immunità”, cioè è preposta alla concessione di una immunità. Poi la possiamo chiamare anche Pippo, però sempre immunità è. Per la prima volta il M5s ha votato a favore di un’immunità, non giriamoci intorno: è una forma di tutela nei confronti di un rappresentate del governo” – continua – “Per la prima volta, quindi, andiamo contro una decisione già presa nella stesura del programma e contro un principio che era insito nel dna del M5s. Non era neanche da mettere in discussione. Riguardo gli iscritti a Rousseau, io già da tempo ho sollevato il problema che vi si iscrivono intere sezioni di partito. Lo dissi anche a Beppe Grillo. Nella sezione del Pd di un paesino vicino a dove abito io si erano iscritti tutti a Rousseau. Io prediligevo il vecchio metodo, con cui ci incontravano e votavamo per alzata di mano. Su Rousseau non c’è nessun controllo, si può iscrivere chiunque, anche ovviamente il simpatizzante leghista che può votare contro l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini“.

Poi sottolinea: “Il punto importante è che quasi metà degli iscritti del M5s ha votato contro la linea che era stata già data. La metà non è una minoranza. Se fossi nei vertici, anche se nel M5s non ci dovrebbero essere, farei una riflessione, perché deludere il 40% della propria base non è qualcosa da trascurare. Salvini? La responsabilità penale è personale, non è collettiva. E’ troppo facile rifugiarsi nel gruppo. Se tutti insieme decidiamo di comprare mele a un supermercato e uno del gruppo rompe il vetro per rubare, la responsabilità del furto è di quest’ultimo. Chi viola la legge, se l’ha violata, deve prendersi la sua responsabilità personale. Non si può dire che la decisione è stata presa tutti insieme, perché la legge dice altro. Si trattava tutti insieme di stabilire se esisteva questo “preminente interesse nazionale”.

Fattori spiega: “L’aggettivo ‘preminente’ significa che, se io violo la legge e tolgo dei diritti a delle persone, ci deve essere per la nazione un vantaggio superiore a quei diritti negati. E’ una cosa diversa, non possiamo derubricarla a decisione collettiva, perché non c’entra niente. In più, la nazione non è né il governo, né la linea politica della maggioranza. “Preminente interesse nazionale” può essere il rischio di un contagio o di un attacco terroristico o un qualcosa che coinvolga tutto lo Stato, non la maggioranza. Forse dovremmo un po’ ripassare tutti questi termini costituzionali”.

Sulla collega Paola Taverna, Fattori osserva: “Ha detto: ‘Chi non è d’accordo se ne vada’? Taverna non ha nessun ruolo, né da proboviro né da capogruppo, quindi la sua è un’uscita illegittima. Noi rappresentiamo il 40% degli iscritti, a questo punto, e questi iscritti non sono una minoranza. Questo 40% rappresenta secondo me l’attivismo vero. Su Rousseau ci si mette sul divano, si clicca sì o no, ma poi o forse, ma poi ci sono gli attivisti. Cioè quelli che fanno gli esposti, che fanno le verifiche alle discariche, che si spendono in prima persona, quelli che fanno civismo. Quindi, starei attenta a derubricarla come minoranza. Poi se si vuole snaturare completamente il Movimento ed eliminare la sua anima attiva, questa è una responsabilità che si prenderanno i vertici. Nel M5s c’è un po’ di cenere in questo momento, ma il M5s risorge sempre dalle sue ceneri”.

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