Il gip di Milano Anna Calabi, ha archiviato l’indagine, a carico di cinque medici, con al centro la morte di un sessantenne cardiopatico avvenuta nel settembre 2016 all’ospedale San Camillo di Roma, dopo il trapianto di cuore prelevato a un 48enne milanese e inviato d’urgenza dal San Raffaele. Il giudice ha così accolto la richiesta del pm Francesco De Tommasi e ha respinto l’istanza di opposizione all’archiviazione avanzata dai familiari dell’uomo. Nell’indagine aperta inizialmente a Roma e poi trasmessa per competenza a Milano erano indagati per omicidio colposo cinque medici, due del San Raffaele e tre del San Camillo.

Il pm milanese De Tommasi, del pool ambiente, salute, lavoro coordinato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, aveva chiesto l’archiviazione in base all’esito di una consulenza tecnica da lui disposta, in base alla quale, era scritto nella relazione, il “rischio di esito sfavorevole” dell’intervento era da considerarsi “standard”. E che non solo il donatore “rientrava nei criteri di idoneità” ma anche che la morte del ricevente sarebbe dovuta dovuta a una “insufficienza d’organo primaria (…) tutt’altro che infrequente dopo un trapianto cardiaco”.

Sulla stessa linea i difensori degli imputati. L’avvocato Jean Paule Castagno dello Studio legale internazionale Clifford Chance, legale dei medici del San Raffaele, ha commentato: “Il giudice ha riconosciuto quanto sostenuto sia dalla consulenza della Procura sia nostra e, cioè, che da tutti gli accertamenti fatti è emersa l’idoneità del cuore“. Gli avvocati Loredana Vivolo e Mario Murano, che rappresentano i familiari dell’uomo deceduto, hanno invece sempre insistito per la prosecuzione dell’inchiesta ritenendo “più che fondata” l’ipotesi di omicidio colposo e, in più, hanno chiesto la trasmissione degli atti ai magistrati della capitale, a loro avviso, i soli competenti ad indagare.

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