Qualche giorno fa, dopo la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini rivolta al Senato dal Tribunale dei ministri (con l’accusa di sequestro di persona), il vicepremier più sborone della galassia aveva gonfiato il petto villoso, proclamando: “Sono qui! Processatemi!!!”. Invece, niente: ora non vuole più essere giudicato. Al centro, c’è la vicenda della nave della Guardia costiera italiana Diciotti, bloccata per dieci giorni da Salvini e dal suo governo con oltre cento migranti di ogni età a bordo: i militari si erano permessi di salvarli dopo alcuni naufragi. Il capo della Lega nazionapopulista in una lettera inviata al Corriere scrive, in sintesi: “Il processo non va fatto, ho agito nell’interesse pubblico e nel pieno rispetto del mio mandato”. Come dire: se decido di sdoganare le rapine in banca, non sono incriminabile, dato che la linea del governo prevale sul mandato della magistratura, con tanti saluti allo Stato di diritto. Poi chiede agli alleati grillini, quelli che hanno fatto del giustizialismo una formula magica e processerebbero chiunque (esclusi i loro capi e i parenti stretti), di non far passare la richiesta al Senato.

Ovviamente di primo acchito i leader pentastellati avevano detto che avrebbero votato per l’autorizzazione a procedere; però, dopo la richiesta di Salvini, hanno fatto scendere in campo un tipo lucido e autorevole come il ministro Danilo Toninelli: ha appena garantito che vuole farsi processare con Salvini, perché quest’ultimo ha deciso in accordo con tutto il governo (nel caso qualcuno avesse ancora dubbi sul fatto che i grillini sono della stessa pasta dei leghisti). Traduzione: siccome siamo tutti colpevoli come lui, che è innocente, siamo innocenti anche noi. Un buon viatico per poter eventualmente annunciare che daranno retta di nuovo al vecchio alleato di Silvio Berlusconi, campione mondiale negli attacchi alla magistratura.

Anche il deputato pentastellato Emilio Carelli ha fatto capire che, per interessi superiori, bisognerebbe salvare il soldato Salvini: “Quella della Diciotti è stata una decisione collegiale che ha investito tutto il Governo. Credo che Conte e Di Maio dovrebbero autodenunciarsi, Dobbiamo riflettere bene se votare sì o no all’autorizzazione per Salvini”. Peccato per loro che la responsabilità penale sia personale e che sia stato il ministro dell’Interno a dare le disposizioni incriminate. Resta il fatto che il M5s sta probabilmente per comportarsi come un Berlusconi qualsiasi (infatti Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno già detto che non voteranno a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di quello che considerano ancora il loro alleato, in attesa che si liberi dei grillini).

Nel frattempo, il M5s ha ingoiato un altro rospo giudiziario: il solito Salvini ha salvato Umberto Bossi dalle accuse legate alla sparizione di 49 milioni di fondi pubblici, evitando di presentare come Lega una querela di parte. Insomma, una bella lezione pentaleghista di incoerenza e, contemporaneamente, di fedeltà a vecchi metodi usati per sfuggire al giudizio; metodi riabilitati perché il sedicente “governo del cambiamento” può permettersi di non cambiare una cippa e di fare peggio dei predecessori pure sul fronte dell’impunità. Tanto – penseranno – chi li vota abbocca sempre. Insomma, contano molto sul potere inossidabile della propaganda che – per lo più a colpi di notizie false o gonfiate – finora ha garantito loro quel tocco di fascino in più.

Però, facciano attenzione gli ex giustizieri. Il vento del consenso può cambiare di colpo, come ci insegna la storia recente. Finora la propaganda è servita per indicare un nemico artificiale – i migranti, seguiti a ruota dai cattivissimi “buonisti” – contro il quale attizzare la rabbia popolare, allo scopo di distogliere dai problemi reali. Manco questa è una novità. È una delle pratiche propagandistiche più gettonate dai regimi totalitari (fascisti, nazisti e comunisti) e dai regimi populisti pseudo democratici del XXI secolo (il putinismo russo, caro a neoleghisti e pentastellati, ne è ormai un esempio da manuale). Per esempio, dalle nostre parti la propaganda fascista fece un “buon lavoro” a suo tempo, innestando l’antisemitismo sul razzismo, già instillato fin dall’inizio dell’avventura coloniale italiana.

Anche oggi tanti cittadini – incoraggiati dalla propaganda – si stanno sentendo liberi di cercare facili “nemici” e di esprimere il proprio odio pubblicamente contro i “diversi”. Perdendo intanto di vista l’incapacità dimostrata dai pentaleghisti nel rispondere alle promesse fatte in campagna elettorale. Proprio quell’incapacità che i governanti vogliono nascondere. In fondo, l’odio instillato giorno per giorno non pesa sul bilancio dello Stato. Che cosa potrebbe esserci di meglio per nascondere i fallimenti? Se i migranti non ci fossero, Salvini e Di Maio avrebbero una potente arma di distrazione di massa in meno. Tuttavia forse il “caso Diciotti” e l’analogo “caso Sea Watch” stanno loro sfuggendo di mano anche sul fronte propagandistico. Ovviamente, sempre a spesse dei poveracci abbandonati in mare. Ma che cosa importa: sono il mitico “governo del cambiamento”, mica pizza e fichi.

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