Roma, Palermo, Reggio Calabria, Torino, Brescia. Nelle celebrazioni per l’apertura dell’Anno giudiziario i procuratori generali e i presidenti delle Corti d’Appello di alcuni dei maggiori tribunali d’Italia hanno preso posizione sulle politiche adottate dal governo sulla questione immigrazione. Nel mirino delle toghe è finito in particolare il decreto Salvini, sui cui effetti il pg di Palermo Roberto Scarpinato esprime numerose perplessità: “Sono state approvate leggi che hanno introdotto un flusso continuo di nuove fattispecie di reato e che hanno ingolfato i tribunali, vanificando nel tempo gli scopi che si volevano conseguire – ha spiegato il magistrato nella sua relazione – Basti ricordare che con il decreto sicurezza sono state introdotte ben nove nuove figure di reato, tra cui la sanzione per l’accattonaggio che prevede l’arresto e la sanzione al parcheggiatore abusivo”. Norme che, a suo dire, “ingolfano i carichi degli uffici giudiziari”.

“Vi è la tendenza di una accentuata strumentalizzazione politica del diritto penale in chiave di rassicurazione collettiva e di captazione di un facile consenso rispetto a problemi sociali e fenomeni complessi”, è un altro passaggio della relazione del pg di Palermo. “Problemi quali ad esempio quelli dell’immigrazione, della crescita delle fasce di povertà e del disagio sociale che sfocia in una crescita della illegalità di sussistenza che vengono scaricati sulla giurisdizione penale alimentando l’illusione repressiva – dice – l’illusione cioè che problemi di tale complessità e portata possano essere risolti mediante la facile e semplicistica scorciatoia di nuove forme di criminalizzazione e inasprimenti sanzionatori”.

Così vengono introdotte “fattispecie penali nuove – ha proseguito Scarpinato – alle quali, si annuncia, se ne aggiungeranno altre come quelle dirette a sanzionare gli abusi nella percezione del reddito di cittadinanza o come quello, già esistente, che punisce in materia di immigrazione con una sanzione da 5 a 10 mila euro lo straniero che fa ingresso senza autorizzazione sul territorio dello Stato. Una fattispecie penale la cui utilità generale preventiva è unanimemente riconosciuta come nulla, ma continua a impegnare inutilmente e sterilmente le risorse degli uffici giudiziari. Basti considerare che il procuratore di Agrigento ha dovuto procedere alla iscrizione di ben 2.500 persone per tale reato”.

La politica di contrasto all’immigrazione clandestina e di controllo del territorio è “dovuta e sacrosanta“, ha il procuratore generale del Piemonte Francesco Saluzzo all’inaugurazione dell’Anno giudiziario a Torino, ma “al tempo stesso totalmente disinteressata al profilo umanitario“. “Potrei dire che la pietà, declinata nel suo senso laico, è morta“, ha aggiunto. “Quello che più mi preoccupa – ha detto Saluzzo – è che sembra si stia affievolendo anche la cultura dei diritti e del diritto. Dei diritti primari, soprattutto degli ultimi. E ancor più mi inquieta che la ragione la discussione non sia affermata e affrontata con la pacatezza necessaria alle istituzioni ma con grida, dileggiamenti quando non insulti. Con scarsissima reazione dell’opinione pubblica”.

Luciano Gerardis, presidente della Corte d’appello di Reggio Calabria, ha affrontato il tema degli sbarchi: “Diminuiscono nettamente fenomeni, come gli sbarchi dei migranti, che pure nel nostro territorio non hanno mai costituito un problema di ordine pubblico; tutt’altro”. “Le cronache giornaliere ci atterriscono con il racconto di un mondo che sembra aver smarrito, in talune occasioni persino il senso di umanità – ha concluso il magistrato – La dignità dell’uomo, invocata anche dal primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, in più occasioni sembra travolta da condotte dettate da altri fini“.

“Legalità non è solo repressione – ha detto nella sua relazione il Procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Giovanni Salvi – Occorre avere piena consapevolezza, ad esempio, della complessità della questione migratoria, che tanto impatto ha sia sulla percezione della sicurezza che sulle attuali politiche securitarie”. “Nessuna politica di sicurezza degna di questo nome può fondarsi sulla marginalizzazione – sostiene Salvi – sulla spinta alla clandestinità e al lavoro nero, quando non all’illegalità quale mezzo di sostentamento. Solo politiche di inclusione hanno un reale ritorno, rendendo le nostre città sicure e arricchendole del contributo di lavoro e di diversità culturale di centinaia di migliaia di futuri cittadini”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Claudio Castelli, presidente della Corte d’Appello di Brescia, che critica le politiche di sicurezza del governo: “Il sistema che abbiamo creato per gestire l’immigrazione, al di là dei barconi e dell’accesso al Mediterraneo, non funziona – ha detto il magistrato – Non funzionava prima perché il sistema delle Commissioni territoriali, con i tempi che si erano dilatati, produceva alla lunga clandestini”, ha spiegato Castelli. Che sul decreto sicurezza ha poi aggiunto: “L’attuale situazione con la modifica normativa recentemente adottata è molto peggiore perché l’abolizione degli Sprar vorrà semplicemente negare a decine di migliaia di persone i diritti fondamentali della sicurezza e del controllo del territorio perché si perderà contatto con decine di migliaia di persone che non avranno scelta diversa dalla clandestinità”. Per Castelli, “è la clandestinità, e non l’essere straniero, ad essere criminogena“.

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