“Con la sabbia e le dune peruviane si torna al dna originario della Dakar africana” assicura Etienne Lavigne, organizzatore della 41esima edizione della gara di rally tra le più estreme e lunghe che ci siano. La Dakar, che prende il nome dal primo percorso inaugurato nel 1978, con partenza da Parigi e arrivo nella capitale senegalese, nel corso dei decenni ha cambiato scenari e quest’anno, per la prima volta, si svolge tutta all’interno di un unico Paese, il Perù.

Si parte oggi, lunedì 7 gennaio, dalla capitale dello stato sudamericano, per affrontare un percorso che si snoderà in dieci tappe (5.541 chilometri) per altrettanti giorni, con rientro nella stessa Lima giovedì 17 gennaio: le tappe prevedono il 70% circa di gara nel deserto e, in particolare, la quarta e la quinta tappa saranno “Marathon”, ovvero senza alcuna assistenza meccanica concessa. Ci sarà poi l’introduzione di una classifica secondaria, nella quale confluiranno tutti coloro che si sono ritirati dalle prime tappe, con la possibilità di rientrare in gara dopo il giorno di riposo e andare a costituire una graduatoria a parte.

Le categorie sono cinque anche quest’anno e prevedono auto, moto, quad, camion e side-by-side (SxS). L’ultima è stata la rivelazione del decennio, tanto che il campione dell’edizione Dakar 2018, Ignacio Casale, dal quad ha deciso di esordire quest’anno proprio con il piccolo fuoristrada, definendo la SxS come “la categoria del futuro”.

A competere saranno in tutto 334 veicoli, 135 debuttanti, 17 donne (tra cui la peruviana Gianna Velarde, la prima biker a prendere parte alla Dakar) e 61 nazionalità diverse (a rappresentare l’Italia, 21 atleti). Il rally raid del 2019, inoltre, vedrà tra i suoi partecipanti anche i piloti Nicola Dutto, italiano di 49 anni, e Lucas Barron, peruviano e che di anni ne ha 25: prima volta per entrambi, ma anche per la gara che li ospiterà.

Il piemontese Dutto sarà, infatti, il primo pilota paraplegico a partecipare e lo farà in sella alla sua moto KTM, opportunamente modificata da lui stesso, per essere adeguata alle proprie esigenze: questa sarà dotata di un roll-bar per proteggere le gambe, uno schienale su misura e comandi al manubrio. Lucas Barron, invece, gareggerà con a fianco il padre Jacques, e diventerà il primo pilota con la sindrome di Down a sfidare le tappe e i deserti della Dakar, che si conferma ancora un volta una gara senza confini o barriere: perché, come insegna la storia di Thierry Sabine, padre della Dakar, il deserto fa paura solo se ti lasci impaurire.

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