I magistrati possono andare in pensione due anni più tardi. È quanto prevede il testo di un emendamento alla legge di Bilancio, a firma del senatore pentastellato Mattia Crucioli, non ancora depositato ma sul quale l’Anm invita già “una riflessione” chiedendo di evitare iniziative unilaterali.

“Con effetto dal primo gennaio 2019, ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato è data facoltà di permanere in servizio, a domanda, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsto”, si legge nel testo. Ma l’ipotesi viene smentita dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: “Non c’è nessuna proposta del governo che prevede la possibilità per i magistrati di rimanere in servizio per un biennio oltre il limite. L’epoca in cui i governi anticipavano o posticipavano di anno in anno il pensionamento dei magistrati si è chiusa definitivamente”, scrive in un tweet.

L’età di collocamento a riposo dei magistrati è stato oggetto di diversi interventi e molte querelle negli ultimi anni. Il governo Renzi nel 2014 fissò nuovi limiti di età che imponevano la pensione dei magistrati a 70 anni anziché 75. Ma nei fatti tutto slittò attraverso una serie di proroghe. Nell’agosto di due anni fa fu invece varata per decreto legge anche una proroga fino alla fine del 2017 che valeva non per tutti, ma solo per i magistrati di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Avvocatura dello Stato. Tanto che l’Anm parlò di intervento con profili di incostituzionalità.

Tra le file della magistratura c’è chi, nel corso di questi anni, si è espresso a favore di un innalzamento dell’età pensionale a 72 anni per tutti e chi invece ritiene più corretto riposizionare l’asticella a 70 anni. Ma indubbiamente alla questione si è messo mano in più occasioni. Ora, tra l’altro, quest’intervento si intreccia con il dibattito in atto sul taglio delle cosiddette pensioni d’oro, che potrebbe colpire anche i magistrati.

“Auspichiamo che la norma venga discussa nell’ambito della più ampia riflessione sullo status dei magistrati, a cominciare dal loro accesso in carriera” e se confermata “venga dotata di una disposizione transitoria che ne differisca gli effetti ad un periodo congruo di almeno quattro anni”, riflette l’Anm. Ad avviso dell’Assocazione nazionale magistrati si tratta di un “intervento avulso da una riflessione complessiva sulla carriera, senza alcuna interlocuzione preventiva” e presenta “due aspetti di grave criticità”.

Da un lato “giunge a modificare un assetto dei limiti pensionabili che subisce periodici e contraddittori mutamenti, creando un’incertezza insostenibile su una tema tanto delicato”; dall’altro, “interferendo con la gestione dei processi e degli uffici giudiziari, determina effetti sull’indipendenza della magistratura, poiché alimenta il sospetto che l’intervento normativo sia diretto a favorire o a sfavorire, volta a volta, singoli magistrati”. In ogni caso, i tempi per l’approvazione sono stretti. In Commissione i termini sono scaduti e potrebbe farlo solo il relatore o il governo. Oppure il testo dell’emendamento dovrebbe essere presentato direttamente in Aula, ma in questo caso le probabilità che possa passare sono basse.

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