Mafia, maxi condanne in appello per il clan di Pagliarelli: “Una donna era il tramite con i narcos sudamericani”
Maxi condanne ai boss del mandamento più ricco di Palermo. Confermato anche in appello l’impianto accusatorio che in primo grado portò alle sentenze di colpevolezza per boss, gregari, estortori e spacciatori della famiglia mafiosa di Pagliarelli. Dall’inchiesta emerse che il mandamento era guidato da una sorta di triumvirato: Vincenzo Giudice (condannato a 18 anni), Alessandro Alessi (a 14 anni), Giuseppe Perrone (a 14 anni e 4 mesi). Si erano divisi il mandamento di Pagliarelli, centimetro per centimetro. Ognuno aveva la propria area di influenza. E controllava racket delle estorsioni, business in disgrazia nell’era della crisi, ma soprattutto il traffico della droga, attività a cui Cosa nostra sta tornando a dedicarsi.
L’indagine ha ricostruito i vertici delle cosche e i loro affari. Fondamentale in questo senso la scelta di tornare agli stupefacenti che, stavolta, aveva come protagonista una donna, Concetta Celano. Fermata con 5 chili di droga in auto mentre tornava da un’udienza: era il trait d’union coi “cartelli” sudamericani. I clan si rifornivano da Campania e Piemonte e avevano stabilito regole ferree per far fruttare al meglio lo spaccio. Il mercato veniva inondato di “roba” il giovedì, in modo da vendere di più nel week-end, e il lunedì il ricavato veniva reinvestito per comprare altra droga. I pusher dovevano rispettare le gerarchie. Pena: sanzioni anche violente.
Ma oltre alla droga, più redditizia in un momento di crisi economica, Cosa nostra continua a taglieggiare i commercianti e gli imprenditori: tutto serviva per rimpinguare le casse e mantenere le famiglie dei detenuti, sempre più numerosi. Qualche vittima, però, stanca di subire decise di denunciare, come l’imprenditore che si era aggiudicato l’appalto per la ristrutturazione del Policlinico a cui era stata chiesta una tangente di 500mila euro.
Dall’inchiesta è emerso l’interesse dei clan per diverse attività commerciali legate alla sanità: il bar dell’ospedale Civico, sequestrato, infatti era luogo di summit di boss e veniva gestito da un prestanome del capomafia di Pagliarelli. Queste le altre condanne inflitte dalla corte: Tommaso Nicolicchia 13 anni e 4 mesi, Concetta Celano 12 anni, Andrea Calandra 11 anni e 4 mesi, Vincenzo Bucchieri 5 anni e 2 mesi, Antonino Spinelli 10 anni, Carmelo Migliacico 4 anni, Pietro Abbate 3 anni, Matteo Di Liberto 12 anni, Aleandro Romano 12 anni, Alessandro Anello 12 anni, Rosario Di Stefano 2 anni e 8 mesi, Giosuè Castrofilippo 4 anni, Stefano Giaconia 8 anni, Giuseppe Giaconia 8 anni, Salvatore Sansone 12 anni, Giovan Battista Barone 10 anni, Carlo Grasso 4 anni e 4 mesi, Giuseppe Castronovo 4 anni, Giuseppe Di Paola 4 anni e 2 mesi, Giovanni Catalano 4 anni e 2 mesi, Giovanni Giardina 5 anni, Paolo Castrofilippo 3 anni, Domenico Nicolicchia 3 anni, Cosimo Di Fazio 6 anni, Angelo Milazzo 6 anni, Antonino Calvaruso 2 anni e sei mesi, Daniele Giaconia 3 anni, Francesco Ficarotta 2 anni e 2 mesi, Mauro Zampardi 3 anni.