Il centrodestra si sgretola sotto i colpi a distanza tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Se i due storici alleati fino a questo momento avevano cercato di salvare le apparenze del dialogo per governare insieme almeno sul territorio, oggi sono arrivati allo scontro frontale. La prima provocazione è stata dell’ex Cavaliere che da settimane soffre la posizione defilata in cui lo ha rifilato il leader del Carroccio: “C’è un’aria di illibertà, siamo in una democrazia illiberale, anticamera della dittatura, se continua così”. Un attacco preciso al governo Lega-M5s che Berlusconi ha anche assicurato “cadrà” presto perché “gli alleati della Lega non deluderanno gli elettori di centrodestra”. La delusione però per l’ex Cavaliere è arrivata subito dopo e per bocca di Matteo Salvini: “Io certe sciocchezze le lascerei dire ai burocrati di Bruxelles e ai frustrati di sinistra. Chi parla di rischio dittatura in Italia non ha ben presente che l’Italia sta bene. Mi dispiace che Berlusconi usi le parole che di solito usano i Renzi, le Boldrini e gli Juncker“. Il clima è quello della rottura definitiva tra i due, anche se ancora a livello locale Lega e Forza Italia si presentano come alleati e l’accordo prevede che così continuino a fare anche nei prossimi appuntamenti elettorali. In realtà la tensione non è cosa nuova da quelle parti: l’ultimo caso a fine ottobre quando Salvini ha fatto “ripartire il centrodestra” convocando Giorgia Meloni e ignorando per il momento proprio il leader Fi.

Video di M.Episcopo
Berlusconi attacca il governo Lega-M5s ad ogni occasione. “Di Maio e Salvini”, ha detto anche oggi tra gli applausi dei giovani Fi a Roma, “non dureranno molto insieme e, quando si aprirà la crisi, ci saranno solo due possibilità. La prima: il Capo dello Stato valuterà la situazione e darà un mandato a un governo di centrodestra, espressione della maggioranza che ha vinto le ultime elezioni politiche, che trovi i voti necessari mancanti in parlamento”. E ha quindi assicurato: “Nel gruppo misto e nelle opposizioni ci sono molti parlamentari che non vorranno andare a casa. Ci sono poi alcuni parlamentari che faranno i conti anche con il loro portafogli, perché partecipando a un gruppo autonomo potranno tenersi i 14mila euro dello stipendio anziché versarne 8mila al loro partito”. Un concetto sottolineato dal leader azzurro anche nel discorso di 25 pagine consegnato alla stampa: “Sono certo che siano molti, nel gruppo misto, ma anche fra i deputati e dei 5 stelle e del Pd, a non volere una fine anticipata della legislatura che per loro sarebbe esiziale. L’altra strada possibile è quella del voto dove il centrodestra otterrebbe una maggioranza solida e sufficiente a governare”. L’attacco di Berlusconi sul “clima illiberale” è arrivato invece al momento di parlare delle critiche ai giornalisti fatte dal Movimento 5 stelle in riferimento a come il processo a Virginia Raggi sarebbe stato trattato sui giornali. Nel merito Salvini non ha voluto esporsi troppo contro gli alleati M5s e ha difeso la loro posizione, evitando le accuse dirette: “Solidarizzo con i colleghi giornalisti che fanno bene il loro lavoro, non con chi applica pregiudizi“, ha detto. “Faccio il giornalista e apprezzo la libertà di pensiero e critica, ma a volte non c’è informazione ma pregiudizio nei confronti di questo. Ma me lo tengo per me e vado avanti”.

Le parole di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, che hanno criticato apertamente articoli e giornalisti sulla sindaca di Roma, continuano a far discutere. E le opposizioni chiedono che il governo prenda le distanze da quelle dichiarazioni. E in particolare dal post su Facebook dell’ex deputato Di Battista che ha definito i cronisti “pennivendoli puttane”. Il candidato alla segreteria Pd Nicola Zingaretti ad esempio, ha detto che l’unica strada è quella delle scuse: “Sono contento che Virginia Raggi sia stata assolta”, ha scritto su Facebook. “Lo sono dal punto di vista personale e umano. E lo sono politicamente perché ho sempre sostenuto nella mia vita il rifiuto totale di scorciatoie giudiziarie per affrontare nodi e battaglie che sono politiche. Ora tutti si aspettano che, comunque, a Roma si volti pagina perché così non si può andare avanti. Noi siamo pronti a dare una mano. Ma, per cortesia, vergognatevi per la vostra aggressività questa volta verso i giornalisti”. Intanto la Federazione nazionale della stampa italiana ha annunciato una manifestazione per il 13 novembre. “Basta attacchi ai giornalisti. Gli insulti e le minacce di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista non sono soltanto l’assalto ad una categoria di professionisti, ma rappresentano anche e soprattutto il tentativo di scardinare l’articolo 21 della Costituzione e i valori fondamentali della democrazia italiana”.

Sul fronte 5 stelle però, la linea rimane la stessa. “Ciascuno ha il suo stile”, ha detto il ministro M5s della Giustizia Alfonso Bonafede a “Mezz’ora in più”, “non avrei usato quei termini, ma non commento post di colleghi che esprimono il proprio pensiero. Non mi scandalizzano quei termini, mi scandalizzano di più i due anni di massacro e fango sulla Raggi”. Sul Blog delle Stelle è invece intervenuto il giornalista e ora senatore M5s Gianluigi Paragone: “Evidentemente spiazzati dall’assoluzione di Virginia Raggi e dalla impossibilità di chiudere il film che avevano già preparato nelle riunioni di redazione, il problema ora sono le parole di Luigi e di Alessandro sui giornalisti”. E ha continuato: “Le grandi firme del giornalismo italiano hanno consumato il loro transito dall’estrema sinistra (ah, quanti di loro militavano nelle file dei gruppi extraparlamentari…) ai salotti buoni del capitalismo italiano. Ai salotti, se va bene. Non sarebbe giusto svelare ai propri lettori che il commentatore PincoPallino prende soldi come relatore o moderatore ai dibattiti curati dalla banca X o dal fondo Y? Guarda caso sempre gli stessi. Perché non facciamo una bella lista di giornalisti furbini che partecipano a pagamento alle convention di grandi gruppi finanziari?”. Ha chiuso parlando del “marchettificio che c’è nelle redazioni“: “E chiediamo anche quanto gli editori pagano alle firme d’oro per commentare argomenti di cui non sanno nulla, come ho dimostrato nel caso del Tav, o di cui non hanno capito nulla come dimostrano le figuracce memorabili da Trump a Brexit, dal referendum costituzionale al voto del 4 marzo scorso”.

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