In Italia c’è un “esercito di poveri” e “la povertà tende ad aumentare al diminuire dell’età“. È il quadro tracciato da Caritas Italiana nel Rapporto 2018 su povertà e politiche di contrasto. “Come cristiani abbiamo qualche difficoltà a pensare che si possa abolire la povertà“, ha rilevato il direttore don Francesco Soddu nel corso della presentazione del Rapporto. Il numero dei poveri assoluti – ricorda l’organizzazione rilanciando i dati Istat – “continua ad aumentare” e supera oggi i 5 milioni, ma a preoccupare è soprattutto il fatto che “oggi quasi un povero su due è minore o giovane”. Tra gli individui in povertà assoluta i minorenni sono infatti 1 milione 208mila (il 12,1% del totale), mentre i giovani nella fascia 18-34 anni 1 milione 112mila (il 10,4%): tra i fattori che più influiscono sulla loro condizione c’è il livello di istruzione che, dice Caritas, “è un fenomeno principalmente ereditario nel nostro Paese, che a sua volta favorisce la trasmissione intergenerazionale della povertà economica”.

Uno dei temi centrali del Rapporto 2018 di Caritas è infatti proprio quello “della povertà educativa“, come ha sottolineato il direttore don Francesco Soddu. “I dati nazionali dei centri di ascolto, oltre a confermare una forte correlazione tra livelli di istruzione e povertà economica, dimostrano anche una associazione tra livelli di istruzione e cronicità della povertà”, afferma. L’Italia ha fatto dei passi in avanti ma, per fare un esempio, si colloca ancora “al penultimo posto in Europa per presenza di laureati, solo prima della Romania”. Il 14% dei ragazzi in Italia abbandona precocemente gli studi e l’Italia nella classifica europea si colloca al quarto posto (dopo Malta, Spagna e Romania). “Dal 2016 al 2017 si aggravano le condizioni delle famiglie in cui la persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza elementare (passando dal 8,2% al 10,7%). Al contrario i nuclei dove il ‘capofamiglia’ ha almeno un titolo di scuola superiore registrano valori di incidenza della povertà molto più contenuti (3,6%)”, rileva Caritas.

“Esiste uno ‘zoccolo duro’ di disagio che assume connotati molto simili a quelli esistenti prima della crisi economica del 2007-2008 – si legge ancora nel Rapporto – con la sola differenza che oggi il fenomeno è sicuramente esteso a più soggetti”: sono 197.332 le persone che nel 2017 si sono rivolte ai centri di ascolto Caritas collocati in 185 diocesi; il 42,2% è di nazionalità italiana. Le storie di povertà intercettate nei Centri di ascolto “risultano più complesse, croniche e multidimensionali”. Il 42,6% delle persone incontrate da Caritas nel 2017 sono nuovi utenti ma è “in aumento la quota, piuttosto alta – si rileva ancora nel dossier -, di chi vive situazioni di fragilità da 5 anni e più (22,6%)”.  Nelle regioni del Nord e del Centro le persone prese in carico sono per lo più straniere (rispettivamente il 64,5% e il 63,4%), mentre nel Mezzogiorno le storie intercettate sono in maggioranza di italiani (67,6%). In termini di genere il 2017 segna il sorpasso dell’utenza maschile su quella femminile, dovuto alle trasformazioni delle dinamiche migratorie

I disoccupati ascoltati nel 2017 rappresentano il 63,8%; tra gli stranieri la percentuale sale al 67,4%. Tra gli altri elementi da sottolineare che hanno connotato l’anno 2017 c’è da evidenziare l’incremento delle persone senza dimora e delle storie connotate da un minor capitale relazionale (famiglie uni-personali); il fatto che ancora oggi la rottura dei legami familiari possa costituire un fattore scatenante nell’entrata in uno stato di povertà e di bisogno; si riscontra poi una certa stabilità dei cosiddetti working poor.

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