Non solo l’abolizione (prossima ventura) del numero chiuso per la facoltà di medicina. Nella legge di bilancio c’è una piccola manovra nella manovra in campo sanitario. Una serie di interventi con nuovi fondi per rinnovi contrattuali, spese farmaceutiche, riduzione delle liste d’attesa e creazione di un’anagrafe nazionale dei vaccini. Le misure tuttavia non convincono medici e veterinari, pronti a scendere in piazza il 9 e il 23 novembre. Il motivo? Secondo l’associazione nazionale medici e dirigenti del Servizio sanitario nazionale, Anaao Assomed, le iniziative del governo non sono sufficienti a bloccare la progressiva desertificazione della sanità pubblica.

“Ci saremmo aspettati qualcosa di più dal governo del cambiamento. Le iniziative intraprese non incidono sulla tendenza a creare un doppio binario per le cure dei cittadini: uno per i poveri e l’altro per chi potrà permettersi di pagare per avere le cure necessarie in tempi adeguati”, spiega Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed. Nella manovra “non si vede il recupero alla sanità delle risorse economiche sottratte nel tempo – prosegue – non si vedono le politiche di assunzione, individuate nel Contratto di governo come strumento per ridurre le liste di attesa, non si vede come si vuole garantire la capacità dell’ospedale di rispondere alla fase acuta delle malattie senza le competenze e le conoscenze dei medici specialisti, che oggi semplicemente mancano. Anche perché il governo si guarda bene dal finanziare i 3000 posti in più di formazione specialistica che da tempo chiediamo”.

Dal canto suo, secondo l’ultima versione della legge di bilancio, l’esecutivo ha previsto 284 milioni per i rinnovi contrattuali di tutto il personale del Servizio sanitario nazionale e ha promesso di attribuire altri 505 milioni alle regioni da destinare a spese farmaceutiche. “Non si tratta però di denaro che andrà ai medici” puntualizza Palermo, evidenziando come il settore non ha bisogno di nuovi laureati, ma di nuove borse di specializzazione. “Nel giro di 5 anni avremo altri 55mila medici che arriveranno sul mercato del lavoro. Ma se non c’è la formazione post-laurea per i neolaureati, si crea solo un limbo senza sbocco” prosegue Palermo. Secondo i dirigenti medici, è debole il tentativo del governo gialloverde di rafforzare l’offerta sanitaria con un fondo per le regioni finalizzato all’abbattimento delle liste d’attesa grazie ad una dotazione da 50 milioni. E anche l’istituzione di un Centro Unico di Prenotazione (CUP) digitale nazionale, con cui “si potrà monitorare quando effettivamente sono stati presi gli appuntamenti, in modo da evitare possibili episodi fraudolenti di indebito avanzamento nelle liste d’attesa” come spiega il comunicato stampa del governo sulla manovra.

Per i medici servono invece più risorse sul personale in un contesto di aumento della domanda che sta creando profonde differenze fra il Nord e il Sud del Paese con un tasso di mortalità che cambia sensibilmente da Regione a Regione. “La verità è che la manovra non affronta i veri problemi: mancano all’appello 500 milioni per il contratto in scadenza e le nuove assunzioni per compensare le uscite che verranno accelerate dalla Quota 100 creando una sorta di tempesta perfetta nella sanità pubblica” dice ancora Palermo. “Vogliamo essere propositivi: invitiamo il governo del cambiamento ad immaginare una tassa di scopo sul gioco d’azzardo o sul tabacco, andando a vantaggio della salute pubblica e finanziando le tremila formazioni post-laurea annue di cui ha bisogno il servizio sanitario nazionale – conclude – Non si tratta di grandi cifre: bastano 80 milioni che potrebbero essere coperti anche dalle Regioni con 4 milioni ognuna”.

Se le misure a favore della sanità non convincono, la dirigenza medica saluta positivamente la fine del dominio dei governatori sulla dissestata sanità regionale. “I piani di rientro si sono dimostrati operazioni contabili estremamente dolorose per i cittadini. Forse è opportuno riportare tutto sotto la responsabilità di un assessore” conclude Palermo. Ma dall’ultima versione della legge di bilancio non è ancora chiaro quale sarà il meccanismo di nomina dei futuri commissari per le regioni in disavanzo sanitario. Per ora l’unica certezza è che il decreto semplificazione approvato insieme al documento programmatico di bilancio sfila dalle mani dei governatori la gestione dei piano di rientro, inclusi quelli in corso. E attribuisce al governo il potere di nomina dei nuovi commissari con un’operazione che cambia le carte in tavola per i governatori Pd del Lazio e della Campania, Nicola Zingaretti e Vincenzo De Luca, sottraendo alla loro gestione circa l’80% delle risorse dell’ente.

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