Il ministero degli Interni ha spedito un documento di 21 pagine al Comune di Riace, un documento che per Riace sembra sancire la fine di quei progetti di integrazione e ospitalità diffusa per i migranti, che hanno funzionato così bene da attirare l’attenzione di tantissima gente, dall’Italia e dall’estero: giornalisti, registi, attori, religiosi, scrittori, politici, persone di tutti i tipi, a vedere, conoscere, sperimentare, raccontare, l’accoglienza.

Su questo documento non è facile esprimere un’opinione che non sia ideologica e per entrare nel merito bisognerebbe conoscere nel dettaglio le contestazioni mosse, le risposte alle contestazioni, le contestazioni alle risposte e così via. E poi l’emotività è tanta. A leggerlo ciò che si capisce meglio è la conclusione, la mezza pagina al fondo del documento, più precisamente il passaggio in cui il ministero dispone ”la revoca dei benefici accordati” e “il trasferimento/uscita degli ospiti in accoglienza”.

Dove c’è scritto “benefici” si deve leggere “soldi”, se no non si capisce. Dove c’è scritto “trasferimento/uscita” si può leggere “deportazione”, ma è, lo ammetto, una sovra lettura emotiva, perché in effetti non verrà deportato nessuno, non ce ne sarà bisogno: gli ospiti (che bell’eufemismo) potranno comodamente auto-deportarsi, in mancanza di “benefici”.

Come al solito allora mi aggrappo alle parole, a due in particolare, che trovo in questo documento: perché le parole hanno peso e leggerezza insieme, possono essere punto di appoggio per stare e vela per alzarsi un po’ più in alto, possono tracciare un senso; e poi mi piacerebbe sottrarle alla freddezza del linguaggio burocratico e alla gravità delle esternazioni di quel ministro che abitualmente parla con la pancia e alla pancia degli italiani, quasi fosse ministro delle Interiora, più che degli Interni.

Le parole sono “beneficio” e “accoglienza” e penso che bene si adattino a parlare, ragionare, sentire ciò che è giusto fare e da che parte stare, quando è in gioco la nostra capacità di essere autenticamente umani. Beneficio arriva dalla parola bene e dalla parola fare: fare bene. Accogliere arriva da raccogliere: ha a che fare con il coltivare, con il prendersi cura. Sono parole il cui significato e la cui origine dovremmo masticare, mandare a memoria e lasciare decantare, a lungo.

I benefici dell’accoglienza
sono stupore
presenza e fatica
sono dividere moltiplicare
sono sottrarre
sono sommare
sono l’inversione dell’ordine
degli addendi
ma in questo caso il risultato cambia
sono aritmetica sghemba
verrebbe da dire che sono poesia
non fosse per il senso di realtà
che avere o non avere
un piatto (di minestra)
un tetto (sulla testa)
un letto (di speranza)
il beneficio dà

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