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Rapina Chieti, il medico sequestrato in casa: “Io e mia moglie legati e picchiati. Ma non comprerò mai un’arma”

Carlo Martelli racconta la propria esperienza: "Ero incaprettato, non riuscivo a muovermi. Continuavano a chiederci dove fosse la cassaforte, ma non l'abbiamo mai avuta. Per fortuna non hanno toccato mio figlio disabile". Ma dice: "Non sarei capace di ammazzare un altro uomo, anche se è un delinquente. Torneremo a vivere in quella casa"
Rapina Chieti, il medico sequestrato in casa: “Io e mia moglie legati e picchiati. Ma non comprerò mai un’arma”
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“Ero convinto che ci avrebbero ammazzato“. Carlo Martelli, il chirurgo 69enne rapinato e sequestrato insieme alla moglie la notte tra sabato e domenica a Lanciano, vicino Chieti, ha raccontato la propria esperienza al Corriere della Sera. Martelli e Niva Bazzan sono stati legati e picchiati in casa propria, alla presenza del figlio disabile. Alla donna, i rapinatori hanno asportato con una roncola il lobo dell’orecchio.

“Hanno legato me e mia moglie mani e piedi col filo del computer, ero quasi incaprettato, non riuscivo a muovermi”, ricorda il medico. “Loro erano cattivi, tanto cattivi. A parlare era uno solo, quello che sembrava il capo. Parlava in un perfetto italiano, e continuava a chiedermi dove fosse la cassaforte. ‘Se entro dieci minuti non ci dite dov’è, a lei tagliamo un orecchio‘, ha detto indicando mia moglie. Ma noi la cassaforte non l’abbiamo mai avuta. Per ogni risposta che non li soddisfaceva mi davano un pugno”. Ma quando gli chiedono se ha intenzione di comprare un’arma, il chirurgo nega con decisione: “Non comprerò mai una pistola, perché io non sono capace di ammazzare un uomo come me, anche se è un delinquente. Anzi, penso proprio che se avessi avuto un’arma in casa sarei morto io”.

“Quando hanno capito che non dicevamo bugie, ci hanno chiesto le carte di credito e le tessere del bancomat, insieme ai codici”, continua il proprio racconto Martelli, che si trova ricoverato all’ospedale di Lanciano con il volto tumefatto. “L’uomo che parlava ha detto che se non fossero stati quelli giusti ci avrebbero ‘tagliati entrambi’. In tre sono usciti, uno è rimasto a sorvegliarci“, ricorda ancora il medico. “Quando sono tornati avevano ottenuto ciò che volevano e se ne sono andati, lasciando la villa a soqquadro e il sangue dappertutto”.

In casa c’era anche Stefano, il figlio disabile della coppia. “Per fortuna non l’hanno toccato“, dice Martelli, che è il fondatore dell’Anffas locale, l’associazione dei familiari di persone disabili. Quando verso le sei del mattino i banditi se ne sono andati, rubando l’auto del medico, “sono riuscito a slegarmi i piedi, ho preso le forbici che uso per tagliare i capelli a mio figlio e ho liberato i polsi a me e a Niva. Poi lei è andata a chiedere aiuto a mio fratello Alfredo, che vive nella villetta a fianco”. Il chirurgo è sicuro che sia stato un colpo ben studiato. “Penso che ci abbiano seguito per qualche giorno. Sono passati dalla bocca di lupo del garage, dopo aver tagliato la rete del giardino. E quando se ne sono andati il capo mi ha detto, con strafottenza: ‘Dotto’, si ricordi, quando mettete la cassaforte ci avverta che noi torniamo, tanto siamo in zona…'”. Martelli, però non ha dubbi che lui e la moglie torneranno a vivere in quella villetta. “Ci abito da sempre. Nelle case intorno vivono mia madre e mio fratello, perché dovrei andarmene? La mia vita è a Lanciano“.

 

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