Tre tavoli, ciascun giocatore con la propria strategia, cercando di far rimanere il confronto serrato, sì, ma solo fuori dai riflettori. Come dice uno dei due giocatori seduti ai tavoli, Matteo Salvini, uno dei due vicepremier-portabandiera: “Le polemiche con il M5s? Mi diverto a leggerle sui giornali”. “La Tav? Non farà cadere il governo” rassicura mentre parla a una festa della Lega, ironicamente ad Arcore. E il centrodestra? Non è finito, ma è “chi abita nella villa qua vicino” che “ultimamente preferisce votare con Renzi e con il Pd piuttosto che con la Lega e con Salvini”. Ma l’altro giocatore al tavolo non è ovviamente Silvio Berlusconi, bensì i Cinquestelle, gli alleati di governo. I fronti di confronto sono tre e lo start è proprio ora, all’indomani dell’ultima seduta del Parlamento, in un mese di pausa estiva prima del rush finale verso la legge di Bilancio, il primo vero crash-test della maggioranza gialloverde. Sullo sfondo, forse, anche le elezioni in 4 Regioni e le Europee del 2019.

La Rai, le Grandi Opere, la sfida ai vincoli europei – i tre tavoli di gioco – differenziano nella forma e nella sostanza Lega e M5s. Sono i tre binari sui quali si giocherà la partita, politica, elettorale e finanziaria, tra Carroccio e Cinquestelle, tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio in un campo che vede incrociarsi nomine pesanti, bandiere elettorali e necessità legate ai conti pubblici. Si comincia già oggi perché a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – che si sta ritagliando sempre di più il ruolo di raffreddatore delle situazioni, di mediatore tra le due parti – guiderà un vertice in cui si parlerà di manovra, ma anche di infrastrutture (che nei giorni scorsi hanno visto protagonisti lo stesso Conte, Salvini e la ministra del Sud Barbara Lezzi) e della tv pubblica, ancora in stallo perché manca un accordo politico in commissione di Vigilanza che porti all’elezione di un presidente.

L’impasse sul nome di Marcello Foa genera una situazione che, chi è a conoscenza del dossier, definisce in “alto mare”. “Sulla Rai non stiamo pensando a niente, le ipotesi di sostituire Foa non sono attendibili”, facevano notare un paio di giorni fa fonti della Lega parlando con l’agenzia Ansa. E su Foa, allo stesso tempo, sembra assottigliarsi il sostegno del M5s. E’ proprio Luigi Di Maio – capo politico, vicepremier e peraltro ministro dello Sviluppo con delega alle telecomunicazioni – che ha ribadito ieri che serve un’intesa politica con le opposizioni per sbloccare tutto. Difficile che la situazione si sblocchi prima di Ferragosto. Probabile, invece, che tutto venga rinviato a settembre, con buona pace di Salvini che punta soprattutto su Tg1 e Tgr.

Al tavolo di Palazzo Chigi oggi, come la settimana scorsa, saranno seduti – oltre a Conte e ai due vicepremier – il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il ministro per gli Affari Europei Paolo Savona. E all’ordine del giorno, tuttavia, ci saranno soprattutto i “titoli” della manovra. Titoli in merito ai quali Lega e M5s puntano tutto sull’avvio delle loro due misure “bandiera”, reddito di cittadinanza e flat tax, il quarto campo da gioco, ancora da inaugurare. Con la prima che il M5s vuole in discussione già a settembre al Senato mentre, parallelamente, alla Camera sarà presentato il ddl per le pensioni d’oro. E, a proposito di pensioni, la Lega già da oggi punta a convincere Tria sull’inserimento, nell’ambito della manovra, della riforma della legge Fornero. Tanto più che il Carroccio, ieri, ha visto esultare – con tanto di foto di gruppo – tutti i componenti M5s per l’approvazione del decreto Dignità, la prima vera legge del governo del cambiamento approvata dal Parlamento. E quindi, ora, tocca un po’ per uno.

Non sarà facile, per M5s e Lega, ottenere tutti i loro “desiderata” e, l’argine dei conti e dei margini imposti dall’Unione europea potrebbe costringere Di Maio e Salvini ad una battaglia su quali, tra le misure proposte, debbano avere il bollino della priorità. Sarà, probabilmente, un gioco del “do ut des”, proprio come sulle Grandi Opere dove, sullo stop alla Tav, in queste ore la Lega sembra più possibilista. Fonti dell’esecutivo assicurano d’altra parte che la tensione per ora resta in superficie. “Non c’è alcun litigio” assicurano fonti del Carroccio. Le visioni, tuttavia, restano differenti. La linea di Salvini resta quella di andare avanti sulle Grandi Opere e di non chiudere Ilva. L’Italia ha bisogno di infrastrutture moderne e di acciaio per le nostre imprese, è il ragionamento che si fa nel quartier generale leghista.

Il M5s, per ora, basa qualsiasi giudizio sugli esiti delle analisi costi-benefici. Ma il rischio è che, già su queste ricognizioni si alzi la tensione con la Lega. Nel Movimento, ad esempio, si sottolinea che un giudizio sarà espresso solo sui dati “finali” e non su quelli “parziali“, come ha fatto Salvini in questi giorni. E, anche sul team che il ministero dei Trasporti metterà in campo per la valutazione della Tav, nel Movimento si guarda con qualche sospetto alla “sorveglianza” della Lega. La squadra sarà completata per settembre e tra i nomi circolati in queste ore gli unici sui quali c’è la conferma del governo sono quelli di Marco Ponti e Franco Ramella, personalità che, in passato, non hanno certo tifato per la Tav.

L’impressione – sottolinea l’Ansa – è che, nel gioco di do ut des tra M5S e Lega sia più il Tap che la Tav, al momento, a vedere la luce verde. Anche perché le salati penali previste sul gasdotto potrebbero avere effetto su una manovra che si preannuncia come un percorso a ostacoli tra le promesse elettorali di M5s e Lega e i margini strettissimi dei conti. Su un punto, Salvini e Di Maio non sembrano dare margini al ministro Tria: reddito di cittadinanza e flat tax vanno almeno avviate. La seconda, è l’obiettivo della Lega, si applicherà innanzitutto alle partite Iva.  “Il lavoro procede bene, il contratto di governo funziona” ha detto Di Maio ieri sera parlando all’assemblea congiunta dei parlamentari del Movimento. L’estate torrida non è ancora finita, ma l’autunno caldissimo sembra già qui.

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