Il campo profughi di Shatila nasce nel 1949 a Beirut, in Libano, quando la prima guerra israelo-palestinese porta molti palestinesi a trovare rifugio in questa zona. Oggi, anche a causa dell’alto numero di rifugiati in fuga dalla guerra in Siria, nel campo grande un chilometro quadrato, vivono oltre 25mila persone. “Abbiamo poca acqua, che non basta per tutti”, racconta Rayan, 23 anni. “L’elettricità va spesso via, le strade sono strette e in Libano i profughi non sono sempre ben visti, soprattutto i siriani, che sono tantissimi: anche il Libano è un paese piccolo, ha i suoi problemi e pensano che portiamo loro via il lavoro”.

Rayan a Shatila ci è nata, il padre è fuggito dalla Palestina: “ha costruito una casa nel campo e da allora la mia famiglia vive qui”. È una delle ragazze che hanno partecipato a Basket Beats Borders, un’iniziativa alla sua seconda edizione che quest’anno – grazie al crowdfunding e al supporto di organizzazioni come Un Ponte Per, ha portato alcune ragazze rifugiate di Shatila – le giocatrici del Real Palestine Youth F.C. – a Roma per giocare con le squadre romane di basket popolare.

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