Il “completo crollo dell’economia italiana” e un incremento del debito fino al 145,4% del pil, contro il 131,8% attuale. E’ quello che sarebbe successo senza la restrizione fiscale del 2012, ovvero le manovre di austerità varate dal governo Monti nel momento peggiore della crisi finanziaria. La stima è dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, fondato e diretto dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli presso l’Università Cattolica di Milano, che ha simulato l’evoluzione dell’indebitamento – il “macigno” che pesa sulla crescita italiana – in assenza di quegli interventi di emergenza adottati dopo che lo spread (differenziale di rendimento tra Btp e Bund) aveva sfondato quota 550 punti base. Ed è arrivato alla conclusione, non banale alla luce dei contenuti del contratto di governo Lega-M5s, che “non è possibile ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil attraverso manovre espansive“, ovvero aumenti di spesa e tagli di tasse. “In effetti, non esistono precedenti di paesi che abbiano ottenuto sensibili riduzioni del rapporto tra debito e Pil attraverso espansioni fiscali”.

Il rapporto tra debito pubblico e pil, calcola il rapporto, “sarebbe cresciuto più rapidamente di quanto osservato”, arrivando nel 2018 “a 142,1 per cento (circa 11 punti percentuali al di sopra di quanto attualmente previsto per il rapporto tra debito pubblico e Pil alla fine di quest’anno)”, valore minimo stimato valutando che le misure restrittive valessero 2,4 punti di pil, e addirittura al 145,4% del pil se si utilizza la stima di un impatto del 3,1% del pil contenuta nel Def del 2012.

di Marion Didier

In uno scenario del genere, prosegue il documento, sarebbe stato più difficile ottenere una riduzione dello spread: “l’azione della Banca centrale europea, che ne facilitò la riduzione a partire della seconda metà del 2012, non sarebbe probabilmente stata possibile in assenza di una stretta fiscale da parte dell’Italia e di altri paesi ad alto reddito. Questo perché in assenza di tale aggiustamento la Bce avrebbe potuto considerare tale riduzione non compatibile con l’esigenza di evitare il finanziamento a tassi di interesse bassi di posizioni fiscali insostenibili. Ma in assenza di una riduzione dei tassi di interesse, la dinamica del Pil sarebbe stata meno favorevole di quella riportata nella simulazione. La spesa per interessi sarebbe stata anche più elevata”.

Per questo motivo “il rapporto tra debito e Pil sarebbe cresciuto anche più rapidamente. La crisi si sarebbe approfondita andando probabilmente fuori controllo”. Tra le conclusioni del dossier, che contiene diverse simulazioni fatte utilizzando i moltiplicatori pubblicati dal ministero dell’Economia, emerge come “non è possibile ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil attraverso manovre espansive. In effetti, non esistono precedenti di paesi che abbiano ottenuto sensibili riduzioni del rapporto tra debito e Pil attraverso espansioni fiscali”.

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