Russia 2018 come Lourdes. Alcuni invalidi, arrancando sulle loro carrozzelle, raggiungono i posti a loro riservati negli stadi del Mondiale. Assistono alle partite. Tifano per i padroni di casa. Con tanta prodigiosa intensità che, quando la squadra del ct Cherchesov, segna balzano dalla carrozzella più agili di un gatto. E seguono il resto dell’incontro in piedi dalla balaustra. Un miracolo. Documentato da laiche istantanee di sbalorditi spettatori che subito conquistano il web: commosso da tale straordinario e portentoso fenomeno ne ho pubblicate un paio nella mia pagina Fb. San Calcio (nel sedere, a quanto pare, vista la propulsione con la quale sono scattati in alto…).

Accadde oggi, o meglio, accadde un 21 giugno di quarant’anni fa, anno di malagrazia 1978. Quando il Mondiale si disputò in Argentina. Un’Argentina insanguinata e sottoposta a feroce repressione. Due anni prima, infatti, i militari guidati dal generale Jorge Videla avevano consumato (24 marzo 1976) il golpe contro Isabel Peron. Decine di migliaia di oppositori furono massacrati, o sparirono nel nulla. I desaparecidos. Come i poveracci che venivano imbarcati su aerei da trasporto militare e poi venivano scaraventati giù nell’Oceano. La Fifa si inchinò alla dittatura. Che usò il Mondiale per sbiancare l’immagine truce delle efferatezze compiute. La vittoria degli Albiceleste fu programmata e spianata, nonostante la strenua resistenza di una buona Italia e degli olandesi che però avevano deciso di non accettare le medaglie dalle mani sporche di sangue del dittatore. Così l’Argentina si trovò in semifinale il Perù, squadra tosta. L’Argentina doveva batterla a tutti i costi, per amor di patria. La patria s’intende a trazione Videla. E così fu. L’Argentina schiacciò il Perù 6 a 0, un’umiliazione. Fu un risultato che apparve fin da subito un po’ losco. A tal punto che è rimasto tuttora una brutta ferita mai rimarginata.

Quale curiosa coincidenza che in questo 21 giugno del 2018 il Perù sia di nuovo in ballo. Ma è un ricorso solo di date. Gioca con la Francia, che è assai più forte. Il risultato è scontato. Non c’è stato bisogno di addomesticarlo politicamente. Però resta la memoria della storia. Scritta anche coi piedi dei calciatori. In effetti, sulla famigerata partita del 1978 incombono saggi, inchieste e romanzi. Il Perù fu lo zerbino dell’Argentina. Il punteggio tennistico spalancò le porta della finale, e al primo titolo mondiale dell’Argentina. Videla ebbe il suo trionfo. Un successo accompagnato da polemiche e da sospetti.

Uno che ha analizzato la vicenda è Aldo Panfichi, esperto di sport e democrazia, docente di sociologia alla Pontificia Universitad Católica del Perù. Da ragazzino aveva un idolo: il fantastico portiere sovietico Lev Yashin. Tiene un blog molto seguito: “Politica. Societad. Futbol”. Ha ricordato quella partita che si disputò a Rosario e che fu vissuta come una battaglia. Anche in Perù c’era stato un colpo di Stato, il 29 agosto del 1975, da parte di Francisco Morales Bermudez. Videla e il dittatore peruviano non solo condividevano le stesse posizioni politiche, ma avevano strettissimi rapporti, inseriti nel quadro di “un’amicizia storica tra i due Paesi che sono sempre stati alleati”. I militari golpisti di Argentina e Perù erano legati a loro volta al Pentagono.

Che succede? Poco prima che inizi l’incontro decisivo per le fortune dell’Argentina, Videla fa visita allo spogliatoio peruviano. Non da solo. Lo accompagna Henry Kissinger. Segretario di Stato al tempo del famigerato piano Condor. Il patto tra dittatori sudamericani per eliminare gli oppositori politici, soprattutto di matrice marxista, negli anni Settanta. Non è una visita di cortesia: “Servì a marcare il territorio”, sostiene lo scrittore argentino Ricardo Gotta, autore del libro sul Mundial 78 “Fuimos campeones”, siamo stati campioni, uscito dieci anni fa. Ha parlato coi protagonisti di quella partita, “ci fu un’operazione per assicurare il pass della finale all’Argentina”, dichiarò nel giugno del 2008 alla radio (l’audio è disponibile su www.continental.com.ar).

Il miracolo, dunque, avvenne ma non per voler di Dio. Il 20 giugno 1978, a Lima, c’era stato uno sciopero generale dei lavoratori, il governo di Bermundez aveva arrestato un sacco di dirigenti politici e sindacali. Tredici di loro vennero espulsi. Dove? In Argentina, portati in aereo (militare) a Buenos Aires e torturati, alla vigilia del Mondiale. Alcuni vennero espulsi clandestinamente da Videla verso parecchi paesi, come la Francia, la Spagna e l’Italia. L’accordo prevedeva che in cambio la squadra del Perù doveva farsi battere da quella argentina.

Prove concrete di questo scellerato patto non ci sono. Ma i giocatori peruviani sopravvissuti si ricordano che Videla fece un discorsetto sull’amicizia tra i paesi latino-americani e che tutti – indicando Kissinger – erano molto soddisfatti di quel che aveva realizzato il Perù arrivando in semifinale. E poi, non avevano conquistato nel 1975 la Copa America? Come a dire: voi avete avuto la vostra fetta di gloria, ora tocca a noi… Alcuni giocatori capirono il messaggio. I più riluttanti di comprendonio furono convinti da qualche generosa elargizione. David Yallop (How They Stole the Game, Constable 1999, come rubarono la partita) parla di 50mila dollari che finirono nelle tasche di qualche giocatore peruviano. Altri preferirono disertare l’incontro. Come il portiere Ramon Quiroga, un argentino naturalizzato peruviano. In un’intervista alla Nacion, quotidiano conservatore di Buenos Aires, rilasciata venti anni fa, Quiroga allude oscuramente al giudizio divino, “penso che ci sia un Dio e che punisca. Molti di coloro che presero i soldi, sono morti, o morti calcisticamente. Quel giorno Roberto Rojaz, uno che non era stato mai titolare, scese in campo. Eì morto in un incidente. Roman Calderon, il nostre selezionatore, è perito nell’incidente aereo dell’Alianza Lima (la squadra che allenava nel 1987). Ed io, nonostante una bomba che mi è esplosa vicino, sono ancora vivo…”.

Il miracolo fece diventare campioni del mondo gli argentini, mentre i peruviani non raggiunsero mai più i livelli d’eccellenza raggiunti in precedenza. Quel 6-0 fu un’esecuzione.

Aggiornamento: …il Perù poveretto ha perso anche stavolta. Ma con molta, molta più dignità

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