Nonostante in una sentenza definitiva ci sia scritto che Silvio Berlusconi ha mantenuto e rispettato almeno dal 1974 al 1992 quei patti stipulati con Cosa Nostra grazie all’intermediazione di Dell’Utri ancora oggi questa persona esercita un ruolo assolutamente importante e assume ruolo decisivi nella politica nazionale anche di stretta attualità”. Parola del sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo intervenendo al convegno in Campidoglio Mafia 2.0 – Azioni di contrasto da parte dello Stato. Domani il leader di Forza Italia alle 11 si presenterà al Quirinale per le consultazioni per la formazione del nuovo governo.

“Ho sempre lavorato in Sicilia e mi indignavo e tuttora mi indigno quando viene relegata la questione mafiosa al solo territorio siciliano o al meridione. La questione mafiosa è una questione nazionale – ha detto Di Matteo -. Come si fa a pensare e sostenere che la questione mafiosa sia una questione locale quando abbiamo avuto delle conclusioni anche di sentenze passate in giudicato in ordine ai rapporti significativi del sette volte presidente del Consiglio Andreotti con le famiglie mafiose palermitane o all’intermediazione assicurata per almeno 20 anni dal senatore Dell’Utri e alla stipula dei patti a cui ha contribuito il senatore Dell’Utri tra l’allora imprenditore Silvio Berlusconi e i capi delle famiglie mafiose siciliane? – ha detto Di Matteo – Come si fa a relegare a questioni marginali questioni che hanno riguardato ad altissimo livello l’esercizio del potere non solo in Sicilia ma in tutto il Paese? Ecco perché il silenzio mi preoccupa”.

Di Matteo ha sottolineato la necessità della “primazìa della politica nella lotta alla mafia. Da cittadino che ha fatto una determinata esperienza nella lotta alla mafia io continuo a sognare una politica che sia in prima linea nella lotta alla mafia e non come avviene oggi nella migliore delle ipotesi solo al traino dell’azione repressiva della magistratura”. La conseguenza, ha spiegato Di Matteo, è che “la magistratura accerta le eventuali responsabilità penali e la sussistenza di reati ma naturalmente il principio della presunzione di innocenza riguarda le responsabilità penali. Ci sono dei comportamenti che ancor prima di essere descritti in una sentenza definitiva sono accertati e dovrebbero fare scattare delle responsabilità di tipo politico che invece nel nostro Paese troppo poche volte sono state azionate“. Tra le conseguenze di questo “atteggiamento della politica”, Di Matteo ha citato anche il fatto che “comunque nonostante quello che è stato accertato si è assistito alla santificazione di Andreotti e che nel 2008 il senatore Dell’Utri e il senatore Cuffaro sono stati ricandidati“.

A Di Matteo risponde l’esponente di Forza Italia Osvaldo Napoli: Il sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo, continua a confondere il ruolo della giustizia che lui vorrebbe trasformare in una scuola di etica con il compito di indirizzare la politica. Sappiamo a cosa ha portato questa visione della giustizia, all’inizio degli anni ’90. Di Matteo chiama in causa Berlusconi, ma in passato ha addirittura chiamato in causa l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il leader del PD, Matteo Renzi. Si tratta, se non vado errato, dello stesso magistrato che sulla base delle dichiarazioni del finto pentito Vincenzo Scarantino mandò in carcere 11 persone, salvo poi, celebrato un nuovo processo, doverne rimettere in libertà 9. Ecco, se Di Matteo decidesse di fare, bene e con incisivo equilibrio il suo lavoro di sostituto procuratore nazionale antimafia darebbe un contributo rilevante nella lotta alla criminalità organizzata. La tentazione della politica, e dunque la tentazione di dare pagelle – conclude – a questo o quell’esponente politico, non si addice a un magistrato serio e che fonda sulla credibilità personale tutto il suo operato. Spargere veleni o allusioni non è cosa degna di un magistrato”.

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