In apertura della puntata di Dimartedì (La7), il suo conduttore, Giovanni Floris, ha dovuto leggere la lettera di richiamo ricevuta dall’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), che ha accusato la trasmissione di aver violato la par condicio nella puntata dello scorso 27 febbraio. Nella contestazione dell’Agcom sono sotto tiro “le modalità di conduzione del programma” e “la partecipazione di singoli opinionisti senza contradditorio”. “Naturalmente chi ha visto la puntata sa che nulla di tutto ciò è avvenuto” – ha commentato Floris – “ma sono tenuto a leggere questa lettera per legge, per ordine dell’Agcom. Chiunque può esprimere giudizi sul lavoro di chi sta in tv, ma la notizia è che chi è oggetto del giudizio è costretto a leggerlo in pubblico: è una sorta di punizione, una gogna che ricorda momenti storici lontani”. E ha aggiunto: “Di questo si occuperà l’Ordine dei giornalisti. Eppure, viene da pensare che l’Autorità nasceva a tutela delle minoranze, come la stessa legge sulla par condicio: una situazione del genere è svilente per la natura stessa delle istituzioni che abbiamo sempre rispettato. Detto questo, La7 ha già risposto contro questa delibera”. Nei minuti successivi è arrivata la solidarietà ufficiale dell’Ordine dei giornalisti con una nota firmata dal presidente Carlo Verna: “Una condanna apodittica con una sanzione da gogna, verso la quale eleviamo ferma protesta“. “Temo che sia anche colpa mia” – ha commentato il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ospite in studio – “Se vuoi, riparo subito dicendo che Berlusconi ha vinto le elezioni, Renzi ancora di più e sono stati bravissimi in tutta la campagna elettorale. Così questi dell’Agcom sono contenti e sei salvo”. “Ormai ho pagato pegno” – ha replicato ironicamente Floris – “mi hanno fatto la gogna e mi sono inginocchiato sui ceci davanti a tutti”

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