Mezzo governo Gentiloni perde le sfide negli uninominali. I renziani se la cavano nelle roccaforti. Luigi Di Maio sfonda quota 60% nella sua Pomigliano d’Arco. Lorenzo Fioramonti, indicato come ministro dello Sviluppo economico di un eventuale governo M5s, straccia Matteo Orfini a Roma Torre Angela. Ma, nonostante l’exploit del Movimento, non ce la fanno altri cinque candidati ministri del “governo ombra” pentastellato: il deputato uscente Riccardo Fraccaro, scelto per i Rapporti con il Parlamento e democrazia diretta, l’aspirante ministro della Giustizia Alfonso BonafedeDomenico Fioravanti (possibile titolare dello Sport), Paola Giannetakis, indicata per gli Interni, e Alberto Bonisoli, scelto per i Beni culturali. Per il centrodestra esce di scena Roberto Formigoni. La mappa delle sfide testa a testa (qui quella complessiva) mette insieme risultati inattesi e decapita la leadership di diversi big di partito, non solo del Pd. Massimo D’Alema viene cancellato nel proprio seggio, battuto da Barbara Lezzi. Pietro Grasso e Laura Boldrini si salvano invece grazie al paracadute del proporzionale, così come il viceministro Teresa Bellanova che riesce a farsi eleggere in Emilia Romagna dopo la sconfitta all’uninominale. Tra gli esponenti della società civile più noti candidati dai dem ce la fa solo l’ex condirettore di Repubblica Tommaso Cerno, che sfrutta la ‘tenuta’ del partito a Milano. Dove Bruno Tabacci vince a mani basse nel collegio del centro città contro l’avvocatessa di Berlusconi Cristina Rossello, a dispetto del risultato deludente della sua lista +Europa. 

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Elezioni 2018, gli italiani si sono dimostrati maturi. Ora lo facciano anche i cinquestelle

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