Prima cosa da fare per la Sicilia: il Ponte sullo Stretto. Berlusconi è tornato per davvero, con il pacchetto all-inclusive e dentro c’è anche la mega-infrastruttura che dovrebbe collegare Reggio Calabria a Messina. Nel frattempo c’è chi ha voluto portare avanti la sua eredità durante i governi delle intese medio-larghe di questi anni: Angelino Alfano e, soprattutto, Renzi e i renziani. Ma ora Berlusconi si riprende quello che è suo: “Serve un grande piano per il sud, soprattutto per le infrastrutture – dice a TeleLombardia, in una delle svariate televisive concesse in questi giorni – Sono stato in Sicilia e ho trovato un disastro, è una regione in agonia. Ci vuole un piano Marshall apposta per la Sicilia. Il Ponte sullo Stretto è la prima cosa da fare. Fosse per noi l’aveva già fatto. Quando è arrivata la sinistra al Governo, con il ministro Di Pietro, per non fare in modo che passasse alla storia come il ponte di Silvio, hanno pagato un mare di penali alle imprese con cui avevamo fatto gli appalti“. Insomma: le “larghe intese” forse non si faranno, ma sta per nascere di sicuro la coalizione delle “larghe imprese”.

In realtà, è vero che il governo Prodi mise in stand-by tutte le operazioni per progettare il Ponte, ma a mettere una pietra – a questo punto non tombale – sul maxi-progetto fu il governo Monti. Nel 2013 la Stretto di Messina Spa fu messa in liquidazione. Secondo la Corte dei Conti lo Stato spende quasi due milioni di euro all’anno solo per la società, ora commissariata, mentre ad oggi, fino al 2013, la spesa è stata di oltre 312 milioni di euro, 75 dei quali solo per studi di fattibilità, ricerche e progetti precedenti all’ok al progetto definitivo (2003).

A tirare di nuovo fuori l’idea dal baule dei vecchi ricordi non era stato Berlusconi, ma Renzi, il 27 settembre 2016. “Se siete pronti, noi ci siamo” disse alla festa per i 110 anni della Salini-Impregilo. “Siamo disponibili a rinunciare alle penali se si fa il ponte? La risposta è ‘certo'”, rispose Salini. “O ha fatto una battuta o ci prende in giro. Qui le autostrade restano chiuse per frana” si imbufalì il sindaco di Messina Renato Accorinti. Sembrava una promessa per spostare un po’ di voti in vista del referendum di un paio di mesi dopo. E invece il messaggio fu ripetuto varie volti, anche da parte del ministro Graziano Delrio e dei dirigenti del Partito Democratico, siciliani e non solo. Piero Fassino, interrogato da ilfatto.it, rispose che mantenere la linea di un tempo sarebbe stata “coerenza astratta“.

Una tesi ripetuta più volte. Tanto che l’ultimo a parlare del Ponte sullo Stretto, solo pochi giorni fa, era stato proprio il ministro Delrio, anche se in forma più morbida: “Il corridoio Napoli-Palermo è una priorità, incluso il ponte sullo Stretto come ipotesi progettuale, ma dopo lo studio di fattibilità apriremo il dibattito pubblico, vedremo il rapporto costi-benefici e saremo poi pronti a metterci i quattro miliardi che servono”. Delrio aveva anche precisato che non si poteva partire dal Ponte, ma che i governi di Renzi e Gentiloni hanno agito per dare “una rete dignitosa sul trasporto quotidiano”. “Due giorni dopo il mio insediamento è crollato il viadotto Himera sulla Palermo-Catania. C’era una frana da 15 anni che non è stata fermata. Questa è la fotografia di molta parte del Paese che ha fragilità che prima vanno curate. Io se ho un paziente prima di dargli una bistecca fiorentina voglio che mangi il brodino: ora abbiamo somministrato un brodino riattivando una rete dignitosa sul trasporto quotidiano per i cittadini. Poi i corridoi europei vanno però fatti e fatti bene, perché altrimenti l’Italia non può competere e dobbiamo ricordarci che servono merci che viaggiano su treno altrimenti non sono competitive”.

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