La prima crisi, come in tutti i matrimoni d’interesse, è arrivata sui soldi. E alla fine Gianfranco Micciché ha dovuto fare un passo indietro, pur con qualche distinguo: entro 60 giorni il consiglio di presidenza dell’Assemblea regionale siciliana proverà a reinserire il tetto da 240mila euro agli stipendi dei dipendenti. Quello che succederà nel frattempo non è dato sapere. Di sicuro c’è solo che il presidente dell’Ars si è dovuto rimangiare quanto annunciato in più occasioni spingendosi fino ai paragoni calcistici con lo stipendio del fuoriclasse della Juventus, Paulo Dybala. “L’accordo sui tetti da 240mila euro ai dirigenti scade a fine mese, per cui dal primo gennaio si applicano le vecchie tabelle”, aveva detto Micciché. Tradotto: dall’1 gennaio del 2018 l’Ars tornerà ad essere l’Eldorado degli stipendi d’oro.  Assegni da 400mila euro all’anno per segretari generali, dirigenti e grand commis che torneranno a gonfiare il bilancio annuale di Palazzo dei Normanni. Il ritorno alle vecchie tabelle, infatti, porterebbe un incremento di oltre il 30 percento della spesa per il personale: sono circa 10 milioni di euro, pari appunto ai soldi risparmiati del 2014.

Parole che hanno fatto vivere alla maggioranza di centrodestra la prima vera crisi politica a due settimane dall’inizio della legislatura. “Noi che rappresentiamo le istituzioni, dobbiamo avere grande senso di responsabilità. In un momento di grande difficoltà economica, credo che gli stipendi già dignitosi non debbano essere aumentati”, ha detto il governatore, Nello Musumeci, durante l’incontro con la stampa per il tradizione brindisi di fine anno. Parole che smarcano nettamente la linea del governo con quella di Micciché e che arrivano il giorno dopo le dimissioni di Vincenzo Figuccia da assessore all’Energia.

Uscito da Forza Italia nei mesi scorsi in polemica proprio con Micciché, Figuccia era stato eletto nelle liste dell’Udc, partito che però non ha condiviso la sua scelta di entrare ancora una volta in rotta di collisione con il presidente dell’Ars. “Ho sempre risposto in modo autentico alla mia vocazione e per questo non potevo portare avanti un mandato che mi teneva stretto nella morsa di una gabbia d’oro fatta di formalità e ipocrisie. Micciché è il deus ex machina che difende i privilegi di pochissimi a scapito di un’intera regione”, dice ora l’ormai ex assessore. Che poi attacca frontalmente la maggioranza: “Mi ero illuso della possibilità che questo governo rappresentasse un’alternativa alla mala politica del passato della quale tutti noi sin d’ora, portiamo le stimmate. E invece nessuna garanzia per quelle centinaia di migliaia di siciliani che arrancano per arrivare a fine mese”.

Musumeci, dal canto suo, prova a gettare acqua sul fuoco. “Non c’è nessuna crisi politica – dice – Le dimissioni non sono elemento di grande novità. Bisogna avere rispetto. Figuccia ha deciso, con una lettera densa di umanità, di lasciare il ruolo di assessore. Questo dispiace a tutti noi, dobbiamo rispettare questa scelta, ma non c’è nessuna crisi politica, perché il partito di appartenenza ha confermato fiducia alla maggioranza”, dice il governatore annunciando di aver “avocato” a se stesso “la delega dell’assessore Figuccia, vi farò sapere quando sarà sostituito. Punto e basta”. Nel frattempo, però, la crisi deve essere arrivata a Roma. E da Roma qualcuno si è fatto sentire con i vertici di Forza Italia sull’isola. Quindi Micciché ha fatto dietrofront. “Considerata l’impossibilità di interventi non concertati con le organizzazioni sindacali – dice una nota della presidenza dell’Ars – all’unanimità, su proposta del presidente Miccichè, il consiglio di presidenza ha dato mandato all’onorevole Giorgio Assenza, come membro anziano del collegio dei questori, all’immediato avvio delle trattative sindacali, al fine di arrivare entro 60 giorni ad un accordo che possa ripristinare il tetto attuale dei 240mila euro o, quantomeno, introdurre dei limiti alle indennità stipendiali previste prima della riduzione”. Resta da capire quali saranno gli eventuali nuovi limiti. E soprattutto cosa succederà nei sessanta giorni concessi ad Assenza per trovare un nuovo accordo con i dipendenti di Palazzo dei Normanni. Nel frattempo, segretari, funzionari e gran commiss torneranno a percepire stipendi dorati.

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