Alle urne dopo il caos. La Catalogna torna al voto per le elezioni del Parlamento locale a poco più di due mesi dalla dichiarazione d’indipendenza post-referendum, il conseguente commissariamento di Madrid e le polemiche politiche su scala europea. I 2.680 seggi elettorali hanno aperto alle 9 per i circa 5.554.394 elettori (226.381 residenti all’estero) che dovranno correre per 38 candidature. Le urne resteranno aperte fino alle 20. Il periodo di instabilità che ha portato alle elezioni regionali anticipate è stato innescato dalla dichiarazione d’indipendenza da parte delle autorità catalane dopo il referendum sull’indipendenza del primo ottobre scorso, in seguito alla quale il governo centrale iberico ha ‘commissariato’ la regione, rimosso i suoi leader e indetto le elezioni. Il contesto elettorale di oggi è decisamente insolito: si vota in un giorno lavorativo, ma soprattutto 13 politici separatisti sono tuttora accusati dalla procura spagnola di ribellione e sedizione. Tra loro Carles Puigdemont, candidato di Junts per Catalunya (JXCat) ed ex governatore rimosso da Madrid, che è in autoesilio in Belgio e non ha intenzione di rientrare in Catalogna per votare. Con lui a Bruxelles ci sono quattro suoi ex ministri. Il suo ex vice e ora capo della lista Erc, Oriol Junqueras, è invece in carcere vicino a Madrid dal 2 novembre, per analoghe accuse a seguito del referendum sull’indipendenza.

Sin dalle prime ore della giornata, lunghe code di elettori si sono formate fuori dalle urne in Catalogna. Un fenomeno non casuale: essendo un giorno lavorativo, molti cittadini hanno scelto di votare prima di recarsi al lavoro. I sondaggi, del resto, prevedono un’alta affluenza, che potrebbe toccare l’80%, per l’importanza cruciale del voto dopo mesi di duro conflitto con Madrid. A Sant Julia de Ramla vicino a Girona ha votato Marcela Topor la moglie del presidente destituito Carles Puigdemont. Il leader non ha potuto votare in Belgio dove risiede al momento, ma ha comunque voluto dare un messaggio alla regione: “Oggi dimostreremo di nuovo la forza di un popolo indomabile – ha scritto su Twitter – Che lo spirito del 1 ottobre ci guidi sempre”.

“Si è imposto un clima di calunnie, di menzogne. Comunque vada, tarderemo a liberarcene, anche se avremo salvato lo Stato di diritto” ha detto in un’intervista a Repubblica il filosofo Fernando Savater, autore di un recente pamphlet dal titolo ‘Contro il separatismo‘: “Penso che qui perdono tutti: il clima di mancanza di armonia resterà, anche se si riuscirà a salvaguardare le istituzioni democratiche”. Savater ritiene che le elezioni “siano state convocate in modo un po’ troppo precipitoso. E questo rischia di falsare in parte lo scenario. Si va alle urne senza che siano stati preventivamente giudicati i responsabili degli eventuali reati commessi durante il processo indipendentista degli ultimi mesi. Così assistiamo un po’ sbigottiti al fatto che ci sono candidati in carcere e altri che sono fuggiti all’estero”. Secondo Savater, molti voti finiranno a “Ciudadanos, un partito molto più radicato in Catalogna. La gente non si fida del partito di governo, che ha tardato molto tempo a reagire, che lo ha fatto con lentezza, che ha agito in modo ambiguo. Tutto questo ha generato una grande sfiducia nei confronti di chi guida il governo di Madrid – sottolinea -. Non solo non si vede il Pp come un partito autoritario, ma lo si percepisce come un partito con poca autorità“.

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