Le ombre si allungavano sull’asfalto, e sui palazzi in costruzione filtravano stanchi i raggi del sole a conclusione di una torrida giornata estiva. Questo mentre un pigro disabile giaceva annoiato sul suo letto: tutto d’un tratto le sue meningi deliberarono che bisognava guardare un film, simpatico, recente e di modeste pretese.

Dopo una breve ricerca sul mercato, la decisione cadde su Tutta colpa di Freud: commedia italiana, senza grosse pretese e con attrici carine (che non guastano mai). Allora che play sia… cioè: “Qualcuno mi può schiacciare il tasto play?”.

La pellicola narra di un padre di mezza età, moderno, psicologo di professione, separato e con tre figlie femmine adulte a cui far fronte. L’amore è al centro dell’azione, ma ad accendere il film agli occhi del Cafagna è una delle figlie quando conosce un ragazzo sordomuto. Ebbe allora un sussulto devastante e mosse il pollice di ben due millimetri. Nel frattempo, la bile cominciava a risalire lungo l’esofago: rivalità tra disabili, voi normodotati non potete capire. Il Cafagna, da buon non camminatore qual è, infatti, non può proprio sopportare i sordomuti, perché non si pronunciano mai e non voglio sentire le ragioni altrui: piuttosto mugugnano parole incomprensibili. Fortunatamente è bastato poco e la felicità ha ripreso a regnare sovrana nei meandri del Cafagna, poiché nel film il sordomuto è un cleptomane permaloso: “Ben vi sta!”, pensò soddisfatto.

Per cui la ragazza è comprensibilmente terrorizzata dal cleptomane-permaloso-sordomuto: tuttavia, tra il cleptomane e il permaloso è sempre il disabile a spaventarla di più. Allora chiede al padre “lumi” su come comportarsi, e il consiglio paterno proviene direttamente dal Manuale del disabile: “Non trattarlo da sordo, ma non dimenticarti che lo è”.

Tradotto significa: trattalo alla pari, per cui se ti fa arrabbiare incazzati. Trattalo come un uomo, perché è da uomo che ragiona e da tale si comporta. Non essere protettiva, non sei mica sua madre. Riprendilo se sbaglia. Non decidere per lui, sa prendere le sue decisioni. Ricordati però che deve leggerti comodamente il labiale, quindi non parlare velocemente e non metterti alle sue spalle: in tal caso la conversazione non sarebbe alla pari; se c’è poca luce comunica scrivendo su un foglietto, perché devi assicurati che il tuo messaggio sia arrivato.

Questa citazione è talmente versatile che può essere facilmente applicata a tutta la lobby dei disabili, non camminatori come il Cafagna inclusi: “Non trattarlo da disabile, ma non dimenticarti che lo è”. Tuttavia le differenze dai rivali sordomuti sono varie ed eventuali. Non trattatelo alla pari, ma con estrema riverenza. Trattatelo come un uomo, perché è risaputo che chi non usa le gambe…

Non arrabbiatevi con lui, è una personcina talmente squisita che… come si fa? Siate protettivi e accontentatelo sempre, povero è così indifeso; riprendetelo al solo scopo di fare dei video.

Ricordate però che non cammina ma capisce, anche se non sembra. Se volete chiedergli qualcosa, chiedetelo direttamente a lui e sempre con riverenza; se cominciate a gridare, sappiate che la sua voce è pari a quella di un pulcino afono: quindi qualsiasi cosa dica, è sempre quella giusta. Se gli parlate, posizionatevi davanti, non dietro o di fianco (così potrebbe avere difficoltà a sbirciare le scollature, benché lui guarderebbe solo i vostri occhi). E se avvistate alcolici nelle vicinanze offriteglieli, ricordate che la vita non gli ha sorriso: dovrà pur dimenticare.

The end

Campagna di sensibilizzazione per trattare alla pari il disabile, che vostro pari è.

#ilcontastorie

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