L’ultimo caso di malaria autoctona, come quello che stando alle prime evidenze ha colpito Sofia, la bambina di 4 anni morta all’Ospedale di Brescia, risale al 1997 e fu riscontrato in provincia di Grosseto. Una donna di 60 anni, residente nell’entroterra di Castiglione della Pescaia, era stata colpita dalla malattia senza essersi mai recata all’estero, come la piccola di Trento. La 60enne fu ricoverata a metà agosto del 1997 e riuscì a salvarsi: nel suo caso l’infezione era stata determinata da un plasmodio della specie “vivax“, meno aggressivo rispetto al falciparum che ha colpito Sofia. Per giorni anche quello fu definito un caso criptico, fino a quando il 27 agosto si scoprì la causa del contagio: un bambino, figlio di un vicino di casa, ammalato di malaria. Il piccolo era stato punto da una zanzara ”anofele”, una specie quasi estinta in Maremma, che poi aveva infettato la donna.

Alla soluzione del caso arrivarono i medici della usl di Grosseto che accertarono il caso di malaria del bambino, originario di un Paese dove la malattia è diffusa. Il piccolo era stato colpito da una forte febbre, scambiata dal medico di base per una normale influenza. La malattia era durata una ventina di giorni e in questo periodo il piccolo era stato punto dalla zanzara. Il plasmodium del tipo “vivax” ha vissuto per due-tre settimane circa nell’insetto che poi ha punto la signora di Castiglione della Pescaia, infettandola. In quel caso, spiegarono gli esperti, si verificarono tutta una serie di circostanze particolari e concomitanti: la presenza di una zanzara “anofele” ancora attiva, l’esigua distanza tra l’abitazione del piccolo e quella della signora infettata, la stagione favorevole.

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