“Non li perdono”. La madre dei due minorenni marocchini arrestati per gli stupri di Rimini è categorica. Nella notte tra il 25 e il 26 agosto i suoi due figli, di 15 e 16 anni, insieme a un 17enne di origine nigeriana e all’unico maggiorenne del gruppo, il 20enne congolese Guerlin Butungu, hanno aggredito nel bagno 130 di Rimini una coppia di turisti polacchi, picchiando lui e violentando lei. Poi hanno abusato di una transessuale peruviana lungo la statale. Sabato 2 settembre, i due fratelli, sentendosi braccati, si sono consegnati spontaneamente ai carabinieri di Montecchio di Pesaro. Butungu, identificato come il capobranco, è stato arrestato ieri, 3 settembre, mentre tentava di fuggire in Francia. Secondo gli inquirenti non avrebbe mostrato “alcun segno di pentimento”.

Ora è la madre dei due ragazzi marocchini a parlare, in un’intervista al Corriere della Sera. “Se avessi davanti quella donna polacca che è stata violentata, le direi con tutto il cuore che mi dispiace“, ha detto la donna. “Sono arrabbiata, molto arrabbiata: con loro due, senz’altro, ma soprattutto col loro amico maggiorenne”, perché “sono sicura che è stato lui a trascinarli. I miei ragazzi avevano paura di quello lì, raccontava di aver ucciso delle persone in Africa. Loro due all’inizio hanno provato a nascondere tutto, poi sono crollati, piangevano e mio marito li ha costretti ad andare dai carabinieri“. I due fratelli, insieme al 17enne nigeriano, sono stati trasferiti nel carcere minorile del Pratello di Bologna. Hanno negato di aver partecipato alle violenze sessuali, ma hanno ammesso le percosse. Il procuratore per i minorenni di Bologna, Silvia Marzocchi, nel decreto di fermo nei confronti dei minorenni parla di “turpi, brutali e ripetuti atti di violenza“. È stato proprio il racconto dei due fratelli, oltre alle testimonianze delle vittime, alle immagini delle telecamere di sorveglianza e ai movimenti registrati dal suo telefono, a incastrare Butungu. Il 20enne è stato interrogato fino a tarda sera, ma ha negato qualsiasi responsabilità.

Anche il padre dei due minorenni arrestati è della stessa opinione della madre. “È colpa di quello più grande, il congolese. Lui li ha portati in questa situazione. Li ha fatti bere”, ha raccontato Mohamed a Repubblica. “Gli comprava i telefoni rubati. Hanno fatto il giro di molti locali, quella sera. Loro non hanno fatto niente. Non hanno violentato. Avranno rubato, ma niente altro. Anzi, il più grande mi ha raccontato che ha cercato di fermare la violenza, ma l’altro ha continuato”. Mohamed ha raccontato anche della disabilità di uno dei due figli, il più piccolo: “È invalido all’80 per cento, ha dei problemi. Adesso sarà peggio, chissà quando uscirà. Io ci sono già passato, ho rubato, ma per mangiare. Ho fatto delle risse, sono stato in carcere. Per loro ho fatto tutto quello che potevo. Poi sono tornato in Marocco e ho perso un po’ il controllo dei figli”. I due ragazzi, nati in Italia, hanno precedenti con la giustizia per furti e minacce. “Può succedere che uno rubi un cellulare, non che violenti una donna. Se succedesse a mia moglie, o a mia figlia, una cosa del genere, cercherei il responsabile e lo ammazzerei“, continua Mohamed. “Voglio che tutti sappiano che ci dispiace molto per le vittime. I miei figli sono pentiti, me l’hanno detto, e io gli credo. Credo in loro, anche se hanno sbagliato. Se sarà così, dovranno pagare il giusto”.

Alcune amiche dei quattro ragazzi del branco descrivono così i due fratelli: “Il più giovane, K., ci faceva paura per come si comportava. Uno psicopatico. Parlava solo di uccidere e violentare. Era anche noioso, in questo. Ma non ci ha mai toccate, e noi comunque facevamo attenzione. Stavamo sempre insieme”, hanno raccontato tre ragazze minorenni a Repubblica, anche loro di origini marocchine e residenti a Montecchio di Vallefoglia. Una sera di fine agosto erano a una festa di compleanno. “K. disse una cosa che ci lasciò tutti di m… Aveva puntato una nostra amica, Laura, disse: adesso la faccio bere e poi la violento. Qualcuno è scoppiato a ridere, un altro gli ha detto: ma sei scemo. Molti sono rimasti male. Io e le mie amiche del cuore, ad esempio. Laura si è spaventata moltissimo ed è rimasta con noi tutta la sera, appiccicata a noi”. Dalla notte degli stupri i quattro ragazzi non si sono più fatti sentire né vedere. “Abbiamo pensato che era strano. Ci siamo dette: E se fossero loro?“.

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