“Sono stato sentito cinque giorni fa dalla commissione Cultura alla Camera e credo sia un primo segnale importante per contrastare le fake news. Certo, le bufale sono soprattutto su Internet, ma potrebbero arrivare anche su altri mezzi d’informazione”. È un sì netto quello che arriva dal presidente dell’ordine dei giornalisti Nicola Marini nei confronti del parere (vincolante) dei relatori dem Michele Anzaldi e Roberto Rampi per vietare l’accesso al finanziamento pubblico alle emittenti locali in cui lavorano giornalisti censurati o sospesi definitivamente dall’Ordine “in ragione della falsità delle notizie riportate o diffuse”. Un comma che è stato approvato il 2 agosto dalle due commissioni Cultura e telecomunicazioni, ma sul quale non è d’accordo il segretario dell’Fnsi Raffaele Lorusso. “È fuori contesto e diventa uno specchietto per le allodole. Si pensa alle fake news – spiega – mentre rimangono ferme le proposte per la cancellazione del carcere per i giornalisti in caso di diffamazione e di contrasto alle querele temerarie restano ferme“. Anziché legare i contributi alla pubblicazione di notizie false, “visto che parliamo di soldi pubblici sarebbe coerente vincolarli al rispetto dei contratti di lavoro, allo stop allo sfruttamento dell’esercito dei precari e ai contratti atipici per mascherare il lavoro dipendente. Ma al governo il lavoro non interessa, ed è un tema che è completamente assente dalla riforma sull’editoria. Ormai è rimasto solo il Papa a parlare di lotta al precariato, dignità e lavoro“. Ma ilfattoquotidiano.it Anzaldi spiega che si tratta di una misura “che guarda al futuro, visto che spero non ci sia nessuno che sia stato censurato o sospeso definitivamente dell’ordine. È un avvertimento per dire ai giornalisti di fare attenzione e non diffondere notizie false”.

La proposta di parere – Il comma che si inserisce nell’articolo 3 dello schema di decreto per i criteri di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’informazione alle emittenti radiotelevisive e radiofoniche locali, è stato approvato dalle commissioni in sede legislativa. Dunque, non ci sarà nessun passaggio parlamentare e il testo “sarà convertito in legge”, spiega Anzaldi. Nello specifico, il provvedimento prevede che non possano “usufruire dei contributi le emittenti tra i cui dipendenti figurino giornalisti che abbiano riportato provvedimenti definitivi di censura (“da infliggersi nei casi di abusi o mancanze di grave entità, consiste nel biasimo formale per la trasgressione accertata”, ndr) o di sospensione dall’albo (“e inflitta nei casi in cui l’iscritto con la sua condotta abbia compromesso la dignità professionale”, ndr) , ai sensi della legge 3 febbraio 1963, n. 69, in ragione della falsità delle notizie riportate o diffuse”. Censura e sospensione sono due misure disciplinari previste dall’ordine dei giornalisti. Il procedimento viene iniziato “d’ufficio dal Consiglio regionale o interregionale, o anche su richiesta del procuratore generale competente ai sensi”, per poi essere sottoposto al Consiglio disciplina territoriale e che, in caso di ricorso, prevede altri quattro gradi di giudizio. Il testo, poi, aggiunge che “ove i contributi siano stati assegnati, se ne dispone la revoca a partire dall’anno successivo in cui il provvedimento è divenuto definitivo”.

Fnsi: “Nessun dazio agli editori che campano di lavoro irregolare” – “Per arrivare a un ‘provvedimento definitivo’ – prosegue Marini – si procede davanti al Consiglio Disciplina nazionale e successivamente ai tre gradi di giudizio ordinari. Quindi i passaggi in totale sono 5: due parte amministrativi e tre della giustizia ordinaria”. Ma vincolare i fondi al paletto dei giornalisti censurati o sospesi non rischia di limitare anche la libertà d’informazione? “No – dice Marini – così si sollecita anche l’editore a vigilare sui contenuti“. Per Lorusso, invece, il parere approvato introduce un tema “importante” nel dibattito, ma i fondi agli editori, dice, sono da vincolare “al rispetto del lavoro. Al di là degli annunci – continua il segretario Fnsi – questo è un tema di cui il governo non si vuole occupare. In sostanza per gli editori non c’è nessun dazio se campano sull’occupazione irregolare. È giusto occuparsi anche di fake news, ma in un contesto che inserisca come priorità l’abolizione del carcere per i giornalisti, il contrasto alle querele temerarie e il rispetto del lavoro. Questo è un nodo che il governo lascia del tutto irrisolto”. Fnsi in contrapposizione con l’Ordine dei giornalisti? “No. Noi difendiamo i diritti, loro si occupano di doveri”.

Il comma non rappresenta un passo in avanti neanche per Daniela Stigliano, membro della giunta Fnsi e consigliera generale Inpgi. “Non è questo il modo per affrontare le fake news. Il grosso, peraltro, si diffonde su Internet e non su tv e radio locali”. La proposta, quindi, “mi sembra una contrapposizione tra l’editore che incassa i contributi e il giornalista che lavora. È sbagliato mettere un requisito per ricevere i fondi in capo al giornalista e non all’editore, visto che il cronista ha già la sua sanzione prevista dall’ordine”. Certo è che ci sono cinque gradi di giudizio per arrivare alla ‘condanna’ definitiva. “Il problema però è un altro – sottolinea Stigliano -. L’editore, per evitare di rischiare di perdere il finanziamento, può fare fuori il giornalista sanzionato al primo grado di giudizio. E pensiamo ad esempio alla censura, che è un richiamo molto lieve. Si è disposti a fare ricorso fino al quinto grado? No, in molti casi. E soprattutto: come si stabilisce che cos’è una fake news? Una notizia dolosamente inventata, diciamo. Bene: in questo caso c’è la radiazione“.

Il Fatto Personale

di Antonio Padellaro 12€ Acquista
Articolo Precedente

Caro Zuckerberg, fai pagare un euro per ogni post. Facebook diventerebbe un posto migliore

next
Articolo Successivo

Appendino, Facebook blocca la pagina satirica sulla sindaca di Torino. Ma lei protesta contro la sospensione: “Noooo!”

next