Razzismo e xenofobia stanno diventando la vera emergenza nazionale con la quale dovremo fare i conti in un futuro prossimo. Avvoltoi politici, con la loro corte di tirapiedi della carta stampata e opinionisti dell’ultima ora, lo hanno capito prima degli altri, visto che stanno investendo tempo ed energie nel soffiarci sopra, nella piena consapevolezza che in Italia ogni “emergenza” fa muovere i soldi e spostare voti.

In questa stessa settimana due sono le iniziative contro razzismo e xenofobia: da una parte, la Commissione “Jo Cox”presieduta dalla presidente della Camera Laura Boldrini, renderà pubblica la relazione finale del suo lavoro (giovedì 20 luglio), dall’altra, assisteremo al lancio della campagna #liberodallodio, promossa da Associazione 21 luglio con il supporto della Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili.

 

#Liberodallodio: per un’informazione corretta e libera dai pregiudizi from Libero dall’odio on Vimeo.

Due eventi strettamente connessi tra di loro che intendono porre un chiaro argine al dilagante razzismo (ormai neppure tanto strisciante perché urlato in faccia senza ritegno) che, in un circolo vizioso, dalle parole di esponenti di partito rimbomba attraverso i media per giungere alla pancia dei cittadini. Viscere che, a loro volta, lo rivomitano in un voto compiacente verso i politici della tolleranza zero o, con meno savoir faire, in espressioni e commenti simili a quelli che seguiranno questo post.

L’iniziativa di costituire la Commissione nasce sulla scia dell’azione svolta dal Consiglio europeo che ha sollecitato il ruolo attivo dei parlamentari nazionali nella creazione di una “Alleanza contro l’odio”.

Con la costituzione della Commissione “Jo Cox”, la Camera è stata la prima assemblea parlamentare in Europa ad aver dato seguito concretamente a queste indicazioni, con l’obiettivo di contribuire a creare in Italia una rete di parlamentari, cittadini e associazioni impegnati nel contrastare questo fenomeno. Il documento finale, frutto di una trentina di audizioni e all’acquisizione di quasi 200 documenti di varia natura, termina con una serie di raccomandazioni formulate dalla Commissione per la prevenzione e il contrasto del linguaggio d’odio a livello sociale, culturale, informativo e istituzionale.

Al centro del lavoro della Commissione c’è il “discorso d’odio” (hate speech), inteso dal Consiglio d’Europa “come l’insieme di tutte le forme di espressione che si diffondono, incitano, sviluppano o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo ed altre forme di odio basate sull’intolleranza e che comprendono l’intolleranza espressa attraverso un aggressivo nazionalismo ed etnocentrismo, la discriminazione l’ostilità contro le minoranze, i migranti ed i popoli che traggono origine dai flussi migratori”.

E’ ormai ampiamente dimostrato che il “discorso d’odio”, quando non adeguatamente contrastato, vede il suo degenerarsi nei “crimini d’odio”. Gli stessi che scopriamo dietro le “barricate anti immigrati”, i nuovi muri interni con i quali delimitiamo i nostri campanili e che rappresentano i presupposti per giustificare e perpetrare politiche discriminatorie o almeno, come è stato per lo Ius soli, per bloccare riforme di buon senso.

Non è quindi casuale il lancio della campagna #liberodallodio, il cui obiettivo è quello di richiamare i media all’utilizzo di un’informazione più corretta sugli argomenti “caldi” discussi dall’opinione pubblica – questione di importanza fondamentale specialmente in questo periodo pre-elettorale – oltre che di sensibilizzare la società civile al problema del discorso d’odio.

La campagna intende coinvolgere i cittadini in un appello agli enti profit e non profit che acquistano spazi pubblicitari sull’edizione cartacea del quotidiano Libero, chiedendo loro di disinvestire dal giornale e richiamando alla responsabilità sociale e etica che ogni impresa è chiamata a salvaguardare.

Perché Libero? Secondo il lavoro svolto dai diversi Osservatori sui media, il giornale diretto da Vittorio Feltri, come e più di altre testate, costruisce la sua identità su un linguaggio provocatorio e aggressivo, tanto da arrivare a collezionare un vero record di sanzioni disciplinari: solo 5 negli ultimi mesi.

Colpire il linguaggio di un quotidiano attraverso un’attività di pressione nei confronti dei suoi inserzionisti rappresenta una novità unica nel nostro Paese. Che dovrà sempre più abituarsi ad individuare, in seno alla società civile, nuovi anticorpi per rispondere agli “incendiari” che vogliono ridurre in cenere i valori democratici e civili su cui è costruita l’identità dell’Italia.

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