I marchi del Ministero della Difesa possono con disinvoltura essere associati alla produzione di “orologi da tasca o da polso dal prezzo commerciale minimo di 1.000 euro l’uno”, come accade per l’Aeronautica Militare. Oppure essere presentati a Pitti Uomo, la scorsa primavera, alla ricerca di qualcuno che valorizzi il “brand” denominato “Esercito 1659”. Ma possono accompagnare perfino un videogioco come le battaglie aeree delle Frecce Tricolori. Basta pagare e il “logo” diventa un bene commerciale. Tutto in regola, visto il decreto 25 luglio 2012, n. 162, che detta le modalità di sfruttamento e di utilizzo “degli stemmi, degli emblemi e degli altri segni distintivi delle Forze armate”. Eppure queste norme, tributo alla modernità dei tempi e al bisogno dello Stato di far cassa, si possono trasformare in una burocratica, miope, irridente umiliazione nei confronti di fedeli servitori dello Stato che proprio a causa della loro attività militare si sono ammalati e sono morti. A La Spezia è accaduto che la Marina Militare ha negato all’Associazione Famiglie Esposti Amianto (Afea) l’uso del logo da apporre a un monumento in marmo intitolato alle “Vittime del dovere”. Ossia alle centinaia di marinai che si sono ammalati e sono morti a causa dell’amianto di cui ancor oggi è imbottita parte della flotta militare italiana.

L’associazione ha fatto realizzare un monumento del peso di tre tonnellate e mezzo per ricordare le vittime, con l’intenzione di donarlo al Comune di La Spezia che lo dovrebbe posizionare sul lungomare della passeggiata “Morin”. Alcuni mesi fa il Comune ha incaricato Afea di acquisire il nulla osta del Comando Marittimo Nord, in vista dell’inaugurazione fissata ad autunno. Ma è arrivata una risposta raggelante. “In seguito agli approfondimenti effettuati con le Superiori Autorità, questo Comando Marittimo non si esprime in merito al posizionamento della scultura, ma informa che l’uso del Logo della Marina Militare è sottoposto a specifiche e stringenti normative e non può essere autorizzato sul manufatto in parola”. Firmato, ammiraglio di Divisione, Giorgio Lazio. “Siamo costernati. La scultura riproduce un’onda di mare che abbraccia una scultura in pietra serena efficiante la ‘Bandiera di Bompresso‘, simbolo della nostra amata Marina Militare – spiega Pietro Serarcangeli, presidente dell’associazione – e ha lo scopo di onorare e non dimenticare le Vittime del Dovere d’Italia della Marina”. Gli alti comandi però sono stati irremovibili: quel logo non si può usare perchè le normative non lo consentirebbero.

In realtà, in base all’articolo 4 del decreto 162, “il Ministero della difesa può motivatamente consentire l’uso temporaneo, a titolo gratuito, delle proprie denominazioni, degli stemmi, degli emblemi… nell’ambito della concessione del proprio patrocinio a eventi e manifestazioni organizzati o promossi da soggetti pubblici ovvero privati, senza finalità di lucro, ovvero negli altri casi in cui sussista uno specifico interesse pubblico”. Rendere omaggio alle vittime dell’amianto per gli ammiragli evidentemente non riveste un interesse pubblico, mentre negli altri casi il marchio può assumere un consistente interesse economico. È valorizzato a suon di bandi da Difesa servizi spa costituita nel 2012, che nel 2015 ha fatturato 11 milioni e mezzo di euro. Ad Afea non è rimasto che scrivere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in quanto capo supremo delle Forze Armate, nonché per conoscenza al ministro Roberta Pinotti e al capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Valter Girardelli. “La nostra associazione conta 27 deceduti e 185 militari in congedo malati di patologie, più o meno gravi, correlabili all’esposizione all’amianto” scrive Serarcangeli. E aggiunge: “Il logo della Marina Militare è divenuto, in tempi recenti, un simbolo commerciale come quello di altre forze armate. Troviamo attività commerciali nominate ‘Marina Militare’ o ‘Aeronautica Militare’… Dal nostro punto di vista crediamo non vi sia nulla di errato nell’esporre il simbolo della nostra amata Marina al fine di onorare coloro che hanno servito con dedizione e a prezzo della propria vita e salute lo Stato Italiano e la Marina Militare”.

L’appello a Mattarella di autorizzare la collocazione del simbolo è accompagnato da una denuncia verso le gerarchie. “Evidentemente ancora oggi i Vertici dello Stato Maggiore della Marina Militare non tengono conto della immane tragedia in atto, provocata dalla massiccia e innegabile presenza di amianto a bordo delle navi della Marina Militare sulle quali noi tutti abbiamo prestato servizio, inconsapevoli del rischio che stavamo correndo. In coscienza, non possiamo accettare un simile diniego”. Dopo un mese il presidente non ha ancora risposto.

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