L’hanno già definita “legge truffa” e ad averlo fatto non sono esattamente persone estranee al tema della tortura: così, infatti, l’hanno chiamata sopravvissuti e familiari di sopravvissuti alle torture di Genova del 2001, nonché Enrico Zucca (già pubblico ministero nel processo Diaz) e Roberto Settembre (già giudice nel processo d’appello per Bolzaneto).

Quello che ieri, rimandandolo alla Camera per l’eventuale approvazione definitiva, il Senato ha approvato con smodata esultanza post-voto della maggioranza parlamentare è un testo inaccettabile, impresentabile e in contrasto con la Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura, ratificata dall’Italia oltre 28 anni fa. 

Se avesse voluto fare sul serio, già dagli anni Novanta il legislatore italiano avrebbe dovuto tradurre in buon italiano l’articolo 1 della Convenzione e farne legge dello Stato. E invece…

Sorvolando sulla configurazione giuridica della tortura come reato comune con aggravante se commesso da pubblico ufficiale, è tornata grande protagonista la “reiterazione”, solo in presenza della quale si potrà parlare di tortura.

Poi, frutto nella migliore delle ipotesi di una totale mancanza di conoscenza di cosa sia la tortura contemporanea, l’esistenza della tortura mentale è sottoposta alla condizione che “il trauma psichico” sia “verificabile“.

Resta poi il rischio della prescrizione di un reato che il diritto internazionale dichiara imprescrittibile.

A scandagliare il testo, ci sarebbe anche altro da dire. Meglio sottolineare la premessa di fondo, che resiste da quasi 30 anni, alla base anche di questo testo compromissorio: la volontà politica di proteggere, a qualunque costo, gli appartenenti all’apparato statale, anche quando commettono gravi violazioni dei diritti umani, viene prima di una legge sulla tortura rispettosa del diritto internazionale.

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