“L’iter è stato lungo e difficile, ma siamo contenti che questo marchio importante abbia scelto di investire nella nostra città”, dichiara il sindaco Pd Simone Pugnaloni, subito dopo aver tagliato il nastro. Per l’occasione é arrivato anche il cardinale Edoardo Menichelli. Osimo, “elegante città tra le colline delle Marche e a pochi passi dalle spiagge della Riviera del Conero”, ha il suo ipermercato. “Sembra quasi un sogno. Mille e 400 metri quadrati il supermercato, più altri 400 tra il bar e l’ottica appena aperti, altri 550 la farmacia di prossima apertura, 600 tutti i negozi, per cui sono in corso trattative soprattutto con marchi dell’abbigliamento, e gli uffici. In totale altri 50 posti di lavoro. Poi 100 parcheggi più 40 al piano di sopra, collegati da ascensori e scale mobili”.

E’ soddisfatto anche Alberto Simonetti, della F.lli Simonetti srl, la società proprietaria dell’area. Lo è persino Stefano Finocchi, funzionario della Soprintendenza archeologica, per la musealizzazione dei resti antichi rinvenuti nell’area nel 2013. Eppure ci sono anche degli scontenti per quest’operazione. Il locale M5s, rappresentato in consiglio comunale da David Monticelli e Sara Andreoli, oltre all’associazione “Salviamo la storia di Osimo”. La loro battaglia incardinata su due elementi, le autorizzazioni per la costruzione del centro commerciale e la tutela, con conseguente valorizzazione, delle testimonianze archeologiche rinvenute. Già, sono questi i punti nodali della questione. Nell’area tra via Montefanese e via Ungheria, c’e il complesso degli anni Trenta dell’ex Consorzio agrario. Un’area che si vuole recuperare. Ma per farlo occore una variante al PRG. Non sembra un problema per l’amministrazione guidata prima da Dino Latini e poi da Stefano Simoncini, entrambi espressione di liste civiche.

Il piano di recupero viene adottato nel 2007 e approvato nel maggio 2008, quindi revocato nel maggio 2012 per la rinuncia della proprietà dell’area “a causa della grave crisi economica esplosa nel 2008 che ha di fatto mutato i presupposti tecnico-economici”. Il tutto senza che la necessaria variante al PRG sia stata neppure avviata. Nel maggio 2013, dopo la demolizione dell’immobile esistente, prendono avvio le indagini realizzate dalla Soprintendenza archeologica. Così vengono individuati, “oltre ai resti di una strada glareata e a due tratti di sostruzioni in blocchi di arenaria di età romana, … le fondazioni di una basilica cimiteriale, unitamente ad un gruppo di sepolture a inumazione di età tardo-antica, probabilmente paleocristiana”. Scoperte importanti, inequivocabilmente, come certifica il vincolo apposto dall’organo di tutela nel marzo 2014.

Ma intanto a “salvare” i resti contribuiscono una petizione sottoscritta da circa 3000 cittadini e due incontri pubblici con la Soprintendenza archeologica. Ancora nel 2013 il progetto, rimodulato anche a seguito dei rinvenimenti archeologici, viene ripresentato dai F.lli Simonetti srl e nuovamente autorizzato. Sembra tutto finito, ma non é così. A questo punto entrano in gioco i supermercati del Cedi Marche e Coal che ricorrono al tribunale amministrativo contro la variante urbanistica dell’opera. Tuttavia anche se nel gennaio 2014 il Tar Marche ordina il blocco dei lavori del cantiere e il sequestro dell’area da parte dei Carabinieri, nella sentenza di aprile dello stesso anno accoglie solo parzialmente le eccezioni dei ricorrenti. Non solo. Il Tar decreta l’avvio dell’iter autorizzativo, partendo da un malinteso. Ritenendo che nella delibera del Consiglio Comunale del maggio 2012 ci fosse l’adozione preliminare della variante urbanistica che nella realtà non è mai stata avviata.

Ma i contraenti non si danno per vinti. Ricorrono al Consiglio di Stato che nel maggio 2016 sentenzia l’illegittimità dell’operazione. La puntata successiva della vicenda nel febbraio 2017 quando il Tar Marche dichiara che il permesso autorizzativo rilasciato dal Comune é legittimo ed efficace. Ad aprile, pochi giorni prima dell’inaugurazione, un nuovo pronunciamento. Ancora una volta tutt’altro che definitivo. “Considerato che l’appello merita attenta valutazione … in ragione dell’estrema complessità delle ragioni trattate … fissa l’udienza del 9.11.2017, data peraltro già prevista per la trattazione nel merito del connesso procedimento”, si legge nella sentenza. Ma intanto il centro commerciale é stato inaugurato. In attesa della sentenza definitiva sulla liceità dell’opera, l’architettura imponente della struttura commerciale esiste. Ingombra lo spazio dell’ex Consorzio agrario, ha invaso il paesaggio storicizzato. La nuova costruzione ha conservato i resti antichi. Ha salvaguardato lo spazio occupato dalle testimonianze archeologiche. Azione indubbiamente meritevole. Così come la loro sistemazione, il progetto di musealizzazione curato dalla Soprintendenza archeologica. C’é la luce, quella naturale, assicurata in alto da aperture chiuse con lastre di cristallo. Ci sono i pannelli esplicativi. Ci sono i resti, restaurati. Peccato che si possano vedere soltanto attraverso una finestra al piano parcheggi. Forse un po’ troppo poco per la basilica cimiteriale paleocristiana definita nel decreto di vincolo “di notevole interesse storico con particolare riferimento alla prima diffusione del cristiamesimo nel Piceno e alla costituzione delle prime sedi vescovili”. E se ci fosse da ritenersi soddisfatti molto meno di quanto sostengono il sindaco Pugnaloni, i F.lli Simonetti, proprietari dell’area e costruttori, e la Soprintendenza archeologica? Il dubbio non sembra infondato.

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